Quantcast
Channel: gli Audaci
Viewing all 2540 articles
Browse latest View live

La Fattoria dell'animale: intervista a Stefano Antonucci

$
0
0
Tra Orwell, la distopia, la satira e il populismo



"Animal Farm, una novella allegorica sulla Russia sovietica dallo scoppio della Rivoluzione alla dittatura stalinista, è stata scritta da George Orwell nel 1945. Settantacinque anni dopo, siamo convinti che quell’opera possa ancora aiutarci a interpretare la realtà."
Con queste parole Stefano Antonucci, Daniele Fabbri e Boscarol hanno presentato la loro graphic novel La Fattoria dell'animale, pubblicata da Feltrinelli Comics. Abbiamo raggiunto Antonucci (tra le altre cose co-fondatore dell'etichetta Fumetti di Cane) per parlare dell'opera, ma anche di Orwell, di satira e di altro.


Ciao, Stefano. Partiamo dalle origini: come nasce La Fattoria dell’animale?
Come tutti i figli (qualcuno ha dimenticato i preservativi a casa).

La storia è ispirata alla celebre novella allegorica di George Orwell, di cui La Fattoria dell'animale è in qualche modo un omaggio e un sequel. Che rapporto hai con quell'opera?
Ho letto La Fattoria di Orwell da ragazzino. Intuivo ci fossero più piani di lettura ma all’epoca non li coglievo. Tutta la metafora della Russia, dalla Rivoluzione al regime Stalinista è arrivata con riletture successive.
Con il fumetto ci siamo divertiti a inserire piani di lettura diversi, ma in questo caso la metafora principale racconta l’ascesa dei movimenti populisti grazie alla loro comunicazione e all’uso sistematico della menzogna.

Quanto è difficile confrontarsi con un classico della letteratura? E in che misura quelle stesse tematiche sono riuscite a resistere allo scorrere del tempo?
Per rivisitare un classico servono amore per quel libro, idee chiare e tanta incoscienza.
La Fattoria di Orwell è un’opera satirica che racconta il suo tempo, ma il valore letterario è tale da far funzionare il racconto anche a settant'anni di distanza.
Un altro esempio di satira letteraria è il romanzo I viaggi di Gulliver di Swift, nato come forte critica alla società inglese del 1700: regge benissimo il passare del tempo.


Sempre per rimanere in tema, un altro grande classico di Orwell che è impossibile non citare è 1984, una storia incredibilmente attuale anche e soprattutto nel concetto di riscrivere il passato in funzione della propaganda. Anche in questo caso ci sono delle affinità con i tuoi lavori?
Anche in 1984 c’è una feroce critica allo stato totalitario, ma l’aspetto che più ho amato di quel libro è il mondo distopico creato da Orwell per criticare, in quel caso, il modello sovietico.
Poi, come sappiamo bene, ha vinto il modello capitalista e il futuro è andato in direzioni diverse.
La metafora dietro la Fattoria si prestava meglio al nostro modo di fare satira.

Una delle tematiche principali de La Fattoria dell'animaleè il populismo moderno e la narrazione perpetrata da leader che sfruttano il populismo a fini politici. In che contesto avete ideato questa storia e che rapporto ha con la realtà che ci circonda oggi?
La Fattoria dell’animale mette a confronto la comunicazione politica, con l’oggettività delle cose, in una realtà come la nostra, dove le parole con cui si raccontano i fatti contano più dei fatti stessi.
Nella parte illustrata, il fumetto racconta la storia, senza giudizi morali o politici, mentre nelle didascalie si legge il racconto che la propaganda fa di quella stessa storia, creando il cortocircuito grottesco.
Il fumetto è stato pensato per raccontare un nuovo tipo di politica che sta dilagando in tutto il mondo e oggi l’emergenza sanitaria, non ha fatto altro che esasperare i populismi e le loro politiche.

Come si è svolta la collaborazione con Daniele Fabbri e Maurizio Boscarol?
Con Daniele siamo oramai una coppia di fatto. Per i nostri lavori abbiamo subito atti vandalici, censure, querele e inviti ad apericene.
Con Maurizio ci conosciamo da tanto, lo reputo uno dei disegnatori satirici più puntuali, sia nei contenuti che nella tecnica artistica. Ci serviva una scusa per lavorare con lui e quando abbiamo firmato per Feltrinelli, lo abbiamo tirato dentro.



Tra Quando c'era LVI, Il piccolo Führer e Il Ruspa, giusto per citarne tre, avevi già avuto modo di sviluppare storie di satira politica. Ci sono dei paletti che ti imponi nel trattare temi attuali e complessi di questo tipo o riesci sempre a lavorare in completa libertà da eventuali condizionamenti?
L’unico paletto della satira è la legge. Per il resto tutto è concesso.
Piccola nota critica. Spesso sul web vedo usare la parola “satira” per giustificare post o battute gratuite, che non solo non criticano il potere di turno ma spesso deridono le vittime. La satira non serve a deresponsabilizzarti. Quello che scrivi ti qualifica. Scrivere “è satira, fatti una risata” ti qualifica come uno stronzo.

Su cosa sei al lavoro attualmente?
Non ho progetti in ballo, per raccontare bene bisogna prendersi il tempo di capire a fondo quello di cui si vuole parlare. O almeno questo è quello che dico per giustificare la mia pigrizia.
In questi giorni però ho preso parte ad una autoproduzione messa in piedi da Marco Tonus, Pangolino, parodia satirica del più famoso Topo, che racconta la Fase 1 dell’emergenza. Un bell’esperimento.


Grazie ancora per la disponibilità.

Il sommo audace

Il Mecenate Audace: Mambo Magicka Voodoo Child vol. 1

$
0
0
Le magical girls giapponesi incontrano il voodoo 



Quando si prende in mano il volume di Mambo Magicka Voodoo Child, edito da Noise Press, è impossibile non notare due cose: i colori psichedelici della copertina, con il verde dei capelli della protagonista che così bene contrastano con tutto il resto, e il titolo che fa l’occhiolino ad un anime che in passato sconvolse il suo pubblico, stravolgendo alcuni canoni del genere majokko(quello a cui appartengono classici del fumetto e dell’animazione giapponese come Sailor Moon, Card Captor Sakura e Magic Knight Rayearth). Stiamo parlando di Puella Magi Madoka Magica, il cui nome risuona nel titolo di questo fumetto italiano.



Anche Mambo Magicka Voodoo Child è una rivisitazione del genere majokko e i suoi autori, Cristiano Brignola e Federico “Peteliko” Pugliese, lo fanno con una narrazione occidentale e un’ambientazione italiana (Bologna, nello specifico), tessendo le caratteristiche proprie delle magical girls con quelle del Voodoo, una religione che normalmente conosciamo per stereotipi: chiodi infilati in bambole inquietanti, magia nera, zombie, ecc…

Brignola e Pugliese si allontanano da questi cliché e prendono ispirazione dalla vera tradizione voodooista, dove la sacerdotessa (chiamata “mambo”) e il sacerdote (“oungan”) riescono ad entrare in contatto con gli spiriti (detti “loa”) di un altro mondo. Gli autori si appropriano di questa terminologia e la utilizzano per raccontare un urban fantasy che ha per protagonista Ebe, una ragazza che fino a non molto tempo fa era un’adolescente come tante… almeno fino a quando non ha scoperto di essere malata di cancro.

Durante il suo difficile percorso di cura, Ebe si ritrova a dover affrontare un mostro che vuole approfittare della sua paura della morte. Ad intervenire per salvarla è Felix, un suo compagno di classe che è in grado di farsi possedere da una divinità Voodoo per ottenere poteri straordinari. Anche Ebe si ritroverà ad essere posseduta da un loa per salvare sia Felix che sua madre: Maman Brigitte!


È proprio durante questo primo attacco da parte di un mostro che vengono sottolineate molte delle caratteristiche proprie del genere majokko, a cominciare dall’animale-mascotte: un cane parlante che si rivela essere Papa Legba, un loa capace di aprire i cancelli del mondo divino in modo che gli spiriti possano entrare nella nostra realtà. Inoltre sia Ebe che Felix si trasformano proprio come delle magical girls, anche se in un modo più macabro rispetto agli standard classici (ed è proprio questo rendere più macabro qualcosa che classicamente è considerato “roseo” e “pastelloso” uno dei punti forti del fumetto).

Per tutto il fumetto vengono utilizzati colori accesi che ricordano le insegne al neon, specialmente nelle scene in cui entrano in gioco i loa e i mostri che devono sconfiggere, ad evidenziare la loro natura sovrannaturale. I colori sono sempre accompagnati da una texture che sembra rendere “sporca” ogni superficie, introducendo il lettore fin da subito in una storia dove la morte è un pensiero fisso: non solo per la malattia di Ebe, ma anche per il fatto che, per essere posseduto da un dio della morte, bisogna aver accettato l’idea che un giorno morirai. Un conflitto non da poco, per una giovane ragazza che sta lottando proprio per rimanere in vita… E, considerando le ultime pagine del fumetto (senza spoilerare), sarà proprio questo il tema del secondo volume. Dovo aver letto questo primo numero, non vediamo l’ora di leggere come si svilupperà la vicenda! Infatti Mambo Magicka Voodoo Child, oltre ad interpretare in modo originale un genere codificato, ha anche un ritmo fresco e serrato che porta il lettore dritto alla conclusione del volume.


Se siete appassionati di majokko, vi consigliamo un titolo che si discosta dalle atmosfere cupe di Mambo Magicka Voodoo Child, preferendo invece parodiare il genere: Good Knights di Valentina Berger, Giulia Lomurno e Michaela Menicacci, di cui abbiamo parlato in questo episodio di Podcast Povero.


Il Mecenate Povero
(Vanessa e Marco)

Trovate le altre puntate della rubrica Il Mecenate Audacequi.

Dylan Dog #406 - L'ultima risata

$
0
0
Lo scherzo omicida


Con L'ultima risata di Roberto Recchioni e Corrado Roi, sesto episodio del ciclo 666, si conclude il "Dylan Dog Year One" che ha proposto una rielaborazione delle origini dell'Indagatore dell'Incubo.



La discesa nell'abisso della follia porta Dylan e Gnaghi nel manicomio di Harlech, alla ricerca del "serial killer delle barzellette" che assomiglia pericolosamente a una vecchia conoscenza dei lettori: è un sosia di Groucho Marx. Ovviamente il cuore dell'episodio è rappresentato dalla risoluzione degli enigmi portati avanti nel corso dei numeri precedenti, che riguardano non solo il "caso" dell'assassino che uccide citando famose barzellette ma anche le visioni, i déjà-vu e i piccoli dettagli fuori posto che negli albi scorsi avevano fornito dettagli su qualcosa di più grande, che ha a che fare con la realtà stessa e con il multiverso (l'insieme di tutti gli universi possibili, concetto che - in un interessante gioco di rimandi, analogie e differenze - viene ripreso anche nella prima storia del nuovo Oldboy, Il migliore dei mondi possibili di Gabriella Contu e Montanari & Grassani).

È una storia che parla di follia e in quanto tale indubbiamente intrigante (del resto, "l'equilibrio tranquillizza, ma la follia è molto più interessante..."). Un viaggio tra i matti che in vari punti rievoca alcune storie di Batman nel manicomio di Arkham, luogo in cui vengono rinchiusi molti dei nemici del Cavaliere Oscuro.


La sceneggiatura è scorrevole e con quel ritmo sostenuto che caratterizza la penna di Recchioni. Contiene tante citazioni, più o meno esplicite, da Moby Dick a Star Wars fino a L'esperimento del dottor K. (in originale The Fly, film del 1958), giusto per menzionarne alcune.
Mentre i due albi precedenti avevano aspetti sostanzialmente poco convenzionali nel linguaggio fumettistico, nelle scelte (come la lunghissima scena muta del numero 404) e nell'approccio in generale, questo episodio si concentra molto sulla risoluzione dell'intreccio, forse un po' troppo lineare e in parte prevedibile rispetto alla costruzione della trama finora. Alcuni dei colpi di scena finali, che non staremo qui ad anticipare per chi odia gli spoiler, paiono infatti quasi "obbligati" rispetto all'evoluzione del personaggio e all'idea di raccontarne le origini (e dunque in qualche modo sapendo già indicativamente dove si sarebbe andati a parare, sebbene con qualche interessante differenza rispetto alle origini "classiche").
Va annotato inoltre che si tratta l'unico episodio di questo ciclo che non riprende uno (o più) degli episodi classici della serie sceneggiati da Tiziano Sclavi, pur ripescando personaggi cari ai fan (impossibile non citare Lord Chester, che fa il suo esordio in Dylan Dog #8, Il ritorno del mostro, il primo albo in cui si parla del manicomio di Harlech).


Di quest'albo, conclusione necessaria e che spinge a rileggere tutti e 6 gli albi insieme, rimangono principalmente negli occhi alcune tavole davvero mozzafiato di Corrado Roi. Un Roi che non smette di ammaliare il lettore infondendo intensità, oscurità e atmosfera alle sue tavole, in una storia che sembra davvero scritta su misura per le sue chine.
Un artista che riesce nel difficile compito di mantenere una qualità media molto alta, nonostante l'incredibile produttività (dal 399 al 406 di Dyd, in 8 numeri consecutivi praticamente solo il 403 e 404 non presentavano nemmeno una sua tavola; a queste pagine vanno aggiunte poi le meravigliose tavole del recente volume sull'Apocalisse di S. Giovanni e quelle del prossimo Dyd, il 407, su testi di Barbara Baraldi).

Anche se non sappiamo cosa ci riserva il futuro, ci rimane l'impressione generale di aver letto delle belle storie, che hanno assolto il difficile compito di rimescolare le carte e mantenere vivo un personaggio e una testata che dopo oltre trent'anni di vita editoriale non smettono di stupire.

Il Sommo audace


"L'ultima risata"
SERIE: Dylan Dog
NUMERO: 406
DATA: giugno 2020
SERGIO BONELLI EDITORE


SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Roberto Recchioni
DISEGNI E CHINE: Corrado Roi
COPERTINA: Gigi Cavenago


Tutte le immagini © 2020 Sergio Bonelli Editore.

"Un singolo passo": l'Erasmus, il viaggio, la scoperta del mondo e di se stessi

$
0
0
Intervista a Lorenzo Coltellacci e Niccolò C. Cedeno sulla graphic novel edita da Tunué


"Come un viaggio in Erasmus e abbandonarsi all’esperienza può cambiarti la vita. Una storia sul viaggio e sull'autostima".
Così Tunué presentava alcune settimane fa Un singolo passo, graphic novel realizzata ai testi da Lorenzo Coltellacci e ai disegni da Niccolò C. Cedeno, con colori di Enrico G. Rollo.

Abbiamo raggiunto Coltellacci e Cedeno, entrambi classe 1992 e al loro esordio con le graphic novel, per approfondire la genesi dell'opera e le tematiche trattate, parlando di Erasmus, di viaggi, di citazioni e di percorsi autoriali.


Ciao Lorenzo, ciao Niccolò. Benvenuti sul blog. 
Prima domanda d'obbligo: cosa vi ha portati a realizzare Un singolo passo e come è nata la vostra collaborazione?
Lorenzo Coltellacci: Di ritorno dal mio Erasmus a Porto, in Portogallo, sentivo di aver vissuto un'esperienza così piena e densa e totale che quasi non riuscivo a capire... era poi un periodo in cui mi stavo affacciando al fumetto "attivamente", dopo anni di letture passive. Quindi, un po' come una epifania, ho pensato che partire dalla mia esperienza per raccontare l'Erasmus fosse un modo interessante sia per "decifrare" quello che mi era successo, sfruttando la potenza catartica della scrittura, sia per provare a creare qualcosa in cui altri centinaia di migliaia di ragazzi che partono in Erasmus ogni anno potessero riconoscersi. Il fumetto tra l'altro era il mezzo perfetto per raccontare un'esperienza fatta principalmente di immagini e momenti e panorami. Così Guido Astolfi, con cui avevo realizzato Kamasmart (edito da Magic Press nel 2016), mi mise in contatto con Niccolò, il cui stile trovai subito adatto al tipo di storia che avrei voluto raccontare...

Un singolo passo narra un percorso personale, un viaggio di formazione e di scoperta di sé stessi, raccontato con una certa intensità. Quanto c'è di autobiografico in questa storia?
Niccolò Castro Cedeno: A questa domanda lascio rispondere Lorenzo, perchè la storia l'ha scritta lui basandosi sulle sue esperienze in Erasmus. Io invece non ho mai fatto un Erasmus.

LC: Come detto sopra, il fumetto nasce da un'esperienza autobiografica ma poi prende totalmente la propria strada. Se il protagonista prova alcune delle sensazione ed emozioni che ho provato io in varie fasi della storia, compie scelte in totale autonomia e spesso diverse da quelle che presi io. Attraverso di lui ho potuto "rivedere" un'esperienza Erasmus dall'esterno e studiarla, capendo così meglio anche me stesso. Ovviamente poi molte situazioni, luoghi e amicizie hanno diversi rimandi autobiografici.


Un tema fondamentale nel racconto è quello del viaggio. Quanto è importante per voi viaggiare?
LC: Non riesco a immaginare una vita senza la scoperta di posti nuovi. Pure che siano dietro casa e non per forza dall'altra parte del mondo, il viaggio è condizione necessaria per (ri)scoprire anche se stessi. Il contatto con nuove culture, posti, situazioni, è ciò che ti fa capire veramente chi sei e cosa ti piace, scardinando spesso tutte le tue convinzioni e aiutandoti a trovare il tuo posto nel mondo. Anche per questo un'esperienza come l'Erasmus, così lunga e in una età così particolare come quella dei vent'anni, è fondamentale.

NCC: Viaggiare è importantissimo. Ti permette di formarti culturalmente sui luoghi che vai a visitare, e soprattutto ti permette di aprirti e conoscere meglio te stesso in modo da assorbire tutto ciò che ti circonda e arricchirti di questo. Soprattutto è importante anche per le persone che incontri, meglio se fanno parte di quel luogo per esempio, in modo da poterti avvicinare ancora di più alla loro cultura. Insomma, vedo il viaggio come un arricchimento personale e soprattutto un'esperienza necessaria per raccontare sempre nuove storie.

Quanto è stato difficile ricostruire nella storia l'ambientazione portoghese, Porto in particolare?
NCC: La difficoltà principale del ricostruire i luoghi di Porto non era tanto quella di ottenere materiale fotografico. Per fortuna Lorenzo aveva un gran campionario di fotografie, e questo ci ha permesso di ottenere una perfetta mappa dei luoghi dove si muove il protagonista, anche grazie a Google Maps.
L'obiettivo che mi ero imposto io era quello di cercare di infondere nel lettore le atmosfere del Portogallo. Per fortuna ero stato a trovare un mio amico in Erasmus a Lisbona, che non essendo lontana da Porto (tanto che anche i protagonisti vanno a visitarla) sprigionava più o meno la stessa atmosfera di affascinante degrado, soprattutto dei palazzi più vecchi sulla strada, una sensazione che avrò impressa per moltissimo tempo, e che è stata resa meglio grazie ai colori di Enrico (Enrico G. Rollo, n.d.r.).


Trovo particolarmente interessante la scelta di non mostrare quasi mai interamente il volto del protagonista, ritrarlo in maniera evasiva o fuori dell'inquadratura o comunque nascosto almeno in parte da qualcosa. A cosa è dovuto questo approccio stilistico?
NCC: L'idea è stata di Lorenzo, onestamente non so come gli sia venuto in mente, ma è una trovata che funziona secondo me, impedendo al lettore di entrare ancor più all'interno della vita del protagonista, lasciando un senso di distacco tra il lettore e il protagonista. Personalmente la trovo una scelta efficace che ci permette di concentrarci ancora di più sulle vicende del protagonista per dargli un'identità.

LC: Come ha detto Niccolò, l'idea venne a me, ma lui la sposò subito, aiutandomi a realizzarla. Personalmente, quando scrivo, ho sempre difficoltà a dare dei nomi ai personaggi, soprattutto al protagonista: credo che spesso possa influenzare la lettura, andando a viziare la fruizione del lettore a causa della sua "esperienza" personale coi nomi di tutti i giorni e della sua vita. Con Un singolo passo ho portato all'estremo questa mia "fissa", provando a non dare nemmeno un volto al protagonista. Volevo che fosse soltanto un messaggio e non un messaggero, volevo renderlo incorporeo, un simbolo, uno "studente Erasmus universale", per permettere quindi una maggiore immedesimazione del lettore e garantire maggiore spazio all'introspezione del protagonista, concentrandoci sul dentro e tralasciando il fuori.


Nella storia sono presenti alcune citazioni, a partire dalla primissima tavola, che mostra un poster con l'illustrazione di Manuele Fior per la cover di Cinquemila chilometri al secondo. Che significato hanno per voi le citazioni, nel testo e nei disegni?
LC: Le citazioni sono piuttosto importanti, purché non se ne abusi. Si possono inserire citazioni personali, citazioni colte o più intrinseche alla storia. Possono funzionare come piccoli salvagenti sia per il lettore - che li riconosce - sia per lo scrittore, che magari riesce così a costruire uno spazio in cui muoversi più a proprio agio.
Quando il protagonista capisce finalmente qual è l'aggettivo giusto per descrivere l'oceano, ho citato indirettamente ciò che forse avrebbe detto un personaggio di Sorrentino.

NCC: Sono contento di questa domanda. Mi piace molto mettere delle citazioni che riguardano i miei gusti personali. Questo per me è un modo di farmi conoscere al lettore anche attraverso qualcosa di diverso dal disegno, visto che lo stile si può a volte apprezzare a volte no.
Personalmente ho inserito veramente molte citazioni che mi riguardano, dai fumetti che compra il protagonista (L'Uomo Ragno, uno dei primi fumetti che ho letto) ai libri che legge durante i momenti di relax, per esempio compare Se hai bisogno chiama di Carver, uno dei miei scrittori preferiti. Ma ho inserito soprattutto molte volte il nome del mio collettivo, sia sui muri che sulle giacche del protagonista. Insomma, le citazioni per quanto mi riguarda sono dei piccoli pezzettini di sé che permettono al lettore di conoscere meglio chi sta dietro il prodotto.

Leggete fumetti? Quali sono gli autori che seguite? E quelli che sentite come dei maestri per il vostro percorso come fumettisti?
LC: Leggo tantissimi fumetti, sia supereroi americani (ma sempre meno), sia graphic novel. Personalmente tra gli autori che seguo di più ci sono Paco Roca e Gipi: del primo adoro lo storytelling, sempre impeccabile e tarato al millimetro; del secondo adoro il suo modo di narrare le emozioni, la sua sincerità e il ritmo che riesce a dare all'opera. Ma cerco di attingere spesso anche da altri campi, soprattutto dai romanzi o film, guardando molto a Sorrentino, Ammaniti, Refn...

NCC: Leggo molte graphic novel adesso, e ogni tanto compro qualcosa in edicola ma ho un passato da vero nerd, ho letto praticamente di tutto, dai fumetti Marvel ai manga. Poi mi piacciono moltissimo le strisce a fumetti come per esempio quelle che passavano sul Corriere dei Piccoli, disegnate da dei veri maestri del calibro di Rubino e Mussino.
Gli autori che seguo di più sono Manuele Fior, Marino Neri, Noah Van Sciver, Cristopher Blain, Nicolas de Crècy. Secondo me poi i veri maestri sono Andrea Pazienza e tutta la scuola di Cannibale, quindi anche Mattioli e Scòzzari. Poi anche Massimiliano Frezzato. Sono autori che ho guardato tantissimo ma che poi ho capito di dovermi togliere di dosso, per il semplice fatto che sono troppo personali come approccio al fumetto, perciò ho cercato uno stile a me più congeniale e soprattutto cercare anche io di ottenere uno stile più personale in quello che facevo. Così ho cominciato a seguire un mio gusto per la linea chiara e le campiture piatte, così sono venuti fuori autori come Tove Joahnson, Ivan Bilibin, Vittorio Giardino. E ultimamente Richard Scarry e Franco Matticchio.



Siete al lavoro su una nuova opera?
LC: Per ora i destini miei e di Niccolò stanno andando su strade diverse, ma non escludo e anzi spero possano rincontrarsi. Personalmente sono però già al lavoro su circa 3 progetti, alcuni in fase ben più avanzata, altri più embrionali, ma tutti accomunati dall'incredibile bravura dei disegnatori con cui sto collaborando.

NCC: Io mi sono laureato ad aprile in Illustrazione per l'editoria presso l'ISIA di Urbino con una tesi che altro non è che una graphic novel su Luigi Galvani. Ora sto cercando di proporla a qualche editori... Si vedrà.
Nel frattempo continuo ad autoprodurmi storie per la mia fanzine, Kandeggina, che potete leggere qui insieme ad altre storielle brevi.

Grazie ancora a entrambi per la disponibilità!

Il Sommo audace

Kill or be killed #1-2 di Brubaker e Phillips

$
0
0
Il "giustiziere" mascherato


Abbiamo recuperato in questi giorni la lettura di Kill or be killed, serie Image edita in Italia da Oscar Ink (di cui purtroppo al momento in Italia sono disponibili solo 2 dei 4 volumi originali che compongono l'opera).


Kill or be killed racconta di Dylan, un ragazzo che, se vuole continuare a vivere, è costretto da un demone a uccidere una persona ogni mese.
Descritta dallo sceneggiatore Ed Brubaker come "Il giustiziere della notte che incontra Breaking Bad" con l'aggiunta di atmosfere alla Amazing Spider-Man anni 70, è una storia che porta alle estreme conseguenze il concetto di vendicatore mascherato.


La penna di Brubaker descrive con graffiante realismo la discesa in un abisso esistenziale denso e profondo, in un thriller che mescola i semi della follia e della rabbia interiore a momenti estremamente empatici in cui si può arrivare a identificarsi nella sensazione claustrofobica di vivere un'esistenza precaria, perennemente sull'orlo del precipizio, fino ad arrivare a essere un pericolo per sé e per gli altri.

Accanto allo sceneggiatore, sempre abile a miscelare thriller, pulp e un tocco di horror, brilla il tratto del solito "compare"Sean Phillips, che già aveva conquistato i lettori, insieme allo scrittore statunitense, su serie come Criminal, Incognito, Fatale e The Fade Out.
Phillips sfrutta qui un approccio che si apre al digitale e fornisce un notevole mood noir alla narrazione, ben coadiuvato dalla palette cromatica scelta da Elizabeth Breithweiser.


Insomma, un'altra serie da seguire per un team creativo che incredibilmente sembra non sbagliare mai un colpo (e che recentemente è tornato "sul luogo del crimine" negli States con nuove storie di Criminal, che ci auguriamo di poter leggere presto anche qui da noi).

Giuseppe Lamola





Kill or be killed - libro 1-2
Editore: Oscar Ink

Testi: Ed Brubaker
Disegni: Sean Phillips
Colori: Elizabeth Breitweiser

Samuel Stern #8 - Il secondo girone

$
0
0
"I peccator carnali
che la ragion sommettono al talento"


Con il susseguirsi degli episodi di Samuel Stern, si delinea in maniera sempre più evidente quello che sembra il vero tema delle avventure del libraio di Edimburgo, ovvero non tanto il racconto di come i demoni si impossessino di gente comune e come i nostri Samuel e Duncan intervengano per liberarli, quanto gli eventi che portano alla nascita di questi demoni interiori e le ripercussioni che gli esorcismi di Samuel e Duncan hanno non tanto sugli stessi demoni quanto sulle persone che li accolgono.


Come splendidamente rappresentato nell’episodio intitolato Valery, spesso il demone è un elemento “secondario” della trama, un espediente narrativo per concentrarsi invece su demoni di altra natura, umana, che conosciamo in prima persona e riconosciamo nel mondo che ci circonda. E confrontarsi col male spesso porta a dover fare delle scelte drastiche, e proprio ne Il secondo girone, numero 8 della serie Bugs Comics, lo sceneggiatore Andrea Guglielmino, con i disegni di Stefano Manieri, pone il Rosso di fronte a questioni importanti: cosa succede quando la giusta soluzione del problema finisce per danneggiare irrimediabilmente una vita umana? Scegliere tra bene e male è davvero così semplice?

Nel racconto, scorrevole e ben ritmato, si ripropone uno schema abbastanza ricorrente negli ancora pochi episodi della serie, ma che non rende affatto la storia banale e lascia spazio alle tante sfaccettature di interpretazione che possono appunto avere i concetti di bene e male, apparentemente contrapposti ma spesso più vicini di quanto si possa pensare. Quando il male finisce di essere tale e diventare una sfumatura di “bene”? Quanto il bene stesso può dipendere da un semplice punto di vista? E quindi, “cos’è il male?”, ci si chiede nelle battute finali dell’albo, ottavo numero di una serie che pur inserendo elementi fantastici e paranormali come i demoni ci mostra anche gli emarginati dalla società, i ripudiati, i figli di nessuno e gli invisibili che sono invece persone reali, come quelle che quotidianamente ci circondano ma che spesso non vogliamo vedere. E nelle storie di Samuel Stern spesso il male purtroppo sembra attecchire più facilmente proprio in questi contesti di maggior fragilità, rivelando una verità che, anche nel mondo fuori dal fumetto, dovrebbe portarci a riflettere su quanto effettivamente potremmo fare per aiutare gli altri.
Voltaire diceva che “ogni uomo è responsabile del bene che non ha fatto”, e in Samuel Sternè bello anche capire cosa sia davvero il bene e cosa sia il male, rendendosi conto che alla fine sono due concetti inseparabili, come gemelli siamesi.


I disegni di Stefano Manieri sono adatti a mettere in risalto tutte queste sfumature della storia, tramite inquadrature ben calibrate, un sapiente uso del contrasto tra bianchi e neri e tra luci e ombre e uno stile mai sopra le righe.

Due parole anche sulla cover. Il trio formato da Valerio PiccioniMaurizio Di Vincenzo ed Emiliano Tanzillo confeziona una copertina che segue la logica secondo la quale, a partite dal primissimo piano di Samuel Stern del primo numero, l’inquadratura si allarga lasciando spazio non tanto al personaggio principale quanto all’universo che lo circonda, una scelta metaforicamente interessante. Secondo il modestissimo parere di chi scrive, forse questo concept richiederebbe un lavoro di sintesi maggiore e dei giochi anche cromatici che permettano di distinguere l’illustrazione dall’illustrazione da copertina, con elementi catalizzanti, una regia nella lettura dell’immagine e un impatto visivo maggiore, visto anche il canale di vendita delle edicole, che spesso non mette abbastanza in risalto questo tipo di prodotti.


Come abbiamo detto in occasione della live audace con Gianmarco Fumasoli sulla nostra pagine Fb qualche settimana fa, un elemento di copertina davvero forte è invece la testata, tagliata a vivo nella copertina, che spinge il fumetto oltre i margini fisici dell’albo dandogli risalto (anche sull’espositore) e bilanciando così alcune “pecche” della copertina.

Fosco
(con qualche piccola aggiunta del Sommo)



Samuel Stern: "Il secondo girone"
NUMERO: 8
DATA: giugno 2020
Bugs Comics

SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Andrea Guglielmino
DISEGNI E CHINE: Stefano Manieri
COPERTINA: Maurizio Di Vincenzo, Valerio Piccioni ed Emiliano Tanzillo

Leggere attentamente le istruzioni: Monokerostina, il farma-fumetto di Baronciani

$
0
0

Lo scorso 29 giugno è stato annunciato il nuovo progetto editoriale autoprodotto di Alessandro Baronciani che, dopo Come Svanire Completamente, ritorna con un fumetto in scatola dal titolo Monokerostina.
In preda ad un mix di gioia e curiosità, lo abbiamo intervistato per saperne qualcosa di più.

Il progetto

Monokerostinaè un farma-fumetto, una storia dentro una scatola medicinale. Ogni storia è una pillola. Monokerostina parla di una ragazza, del suo unicorno e di una foresta dove una forte tempesta durante la notte ha portato via tutti gli alberi. Parla anche di quando le cose non vanno bene, di una scoperta e di una guarigione. 12 episodi a fumetti che parleranno di viaggi fantastici e anche questa volta, come in Come Svanire Completamente, non ci sarà un vero e proprio ordine con cui leggere la storia. Dovrete scoprire la trama leggendo il fumetto e mettendo insieme tutti gli indizi. 
Come per Come Svanire Completamente, Monokerostina nasce attraverso la raccolta fondi sul sito www.monokerostina.it. Infatti le copie stampate saranno le copie della tiratura. Solo 1460 ore per comprarlo!

Alessandro, come nasce questo progetto?
La prima volta che ho pensato ai farma-fumetti è stata in Accademia a Macerata, o meglio al bar con gli studenti a fare colazione prima della lezione. Una riunione improvvisata: dovevamo organizzare la mostra di fine anno del corso di fumetto. Il festival Ratatà ci aveva chiesto una mostra e noi volevamo fare qualcosa di diverso dalla solita rivista collettiva. Ci serviva un principio. un punto di inizio e poi qualcosa che smuovesse l’idea di gruppo. Un "principio attivo”, un medicinale. Ogni studente aveva fatto una storia, aveva costruito e tagliato la scatola a mano e poi le aveva incollate e vendute. Le scatole, da Come Svanire Completamente in poi, diciamo, le ho sempre avute in testa.
Mi ricordo tanti anni fa, facevo le superiori, per Natale avevo comprato in libreria delle scatole di medicinali che contenevano poesie. Avevo fatto i regali a tutti i miei amici con quelle scatole. Ne avevo tenuta una per me di Cecco Angiolieri, S'i' fossi foco. Fuori sembravano normalissime scatole di farmaci dentro c’erano delle bustine con la poesia. Non so se a pubblicarle fossero gli stessi editori di Stampa Alternativa, altro editore che andava tantissimo alle superiori. Aveva avuto questa idea geniale di libri piccolissimi a prezzi piccolissimi: mille lire. Tra amici si regalavano e si collezionavano. Mi ricordo che Lettera sulla felicità di Epicuro era il più gettonato. Il mio preferito era Ali di Yukio Mishima, poi c'era quello con le frasi di Warhol La cosa più bella di Firenze è Mc Donald's e quello con le frasi trovate sulle mille lire.



Quanto della tua esperienza su Come Svanire Completamente hai riversato in questo nuovo lavoro?
Ogni volta che facevo un errore in tipografia, mi dicevo: me lo devo ricordare per la prossima volta. Anche se non sapevo quando sarebbe stata “la prossima”. Avevo imparato tante cose e conosciuto tante persone. Fare le domande e ascoltare le persone che da anni facevano questo lavoro era il modo migliore per andare avanti. E non solo in tipografia. Ad esempio, le spedizioni: io non ho un ufficio postale preferito, vado sempre in quello dove spostano le persone a cui mi affeziono. Le persone che mi consigliano sulle spedizioni, che mi dicono come mettere meglio l’indirizzo sul pacco o che sanno se ci sono tariffe nuove o promozioni in corso. Quando trovi un amico trovi un tesoro, perché non è detto che tutti i dipendenti sappiano come funziona un pacco posta JP3. Come direbbe Obelix: non tutti quelli che sanno uscire da un palazzo sanno anche come entrarci. Una volta entrai e chiesi: se dovessi per caso spedire, diciamo per caso, 1000 pacchi, cosa dovrei fare? Così feci un contratto come “cliente grande spedizioni" che mi permetteva di arrivare con la macchina con i pacchi di Come Svanire Completamente dentro il csm fuori città dove arrivano i camion di notte e partono i furgoni il giorno dopo. Mi ricordo che la mattina che firmai il contratto e versai l'acconto mi sentivo strano. Non erano i soldi, era qualcosa che mi faceva sentire un po' come un “imprenditore fumettista”, che detta così sembra un ossimoro. Chi l'avrebbe mai detto che fare fumetti voleva dire fare contratti con le poste? Quando ho iniziato a disegnare le mie prime storie alle superiori, non avrei mai pensato che fare fumetti volesse dire anche fare contratti per le spedizioni. 
Chissà se c'è un nome migliore di imprenditore fumettista. Chissà se possiamo trovarlo, un nome per tutti quelli che creano non soltanto la storia ma anche tutto quello che serve per stamparla e spedirla. Dai, io mi sono inventato il nome di un farmaco! Magari ci riusciamo senza usare l’inglese.


In Monokerostina, così come in Come Svanire Completamente, l'idea di interattività con il lettore si spinge fino a fargli decidere l'ordine con cui leggere le storie e scoprire elementi della trama mettendo insieme gli indizi, nonché fargli fare da "editore", dato che verranno stampate solo le copie ordinate. Credi che tutto questo possa sovvertire il rapporto convenzionale tra autore e fruitore dell'opera?
Ogni volta che qualcuno parla e uno ascolta diventiamo autore e fruitore. Ovviamente ci sono persone che sono bellissime da ascoltare perché hanno un modo di raccontare affascinante. Ti è mai capitato di trovarti davanti ad un bravo oratore? È qualcosa di incredibile: le pause, le inflessioni nella voce, non è soltanto la storia che racconta, è anche lo stile in cui te la sta raccontando.
Il libro è una storia; le persone sono storie, libri viventi. Come nel finale di Fahrenheit 451, quel film al contrario dove i pompieri invece di spegnere appiccano incendi e le persone invece di leggere libri li diventano. In Monokerostina sono tornato a raccontare una storia a fumetti a “caso” tramite una sorta di indagine. Un po' come se il lettore fosse un reporter, un inviato in un mondo nuovo dove è successo qualcosa. A ogni lettura “riporti” le informazioni, le testimonianze che hai trovato, cercando di mettere tutto insieme: i farmaci, i sogni, la storia nascosta dentro i sogni fino a unire tutti i puntini. 

Hai definito il tuo nuovo libro un farma-fumetto. Credi nel potere curativo delle storie?
Nella introduzione di Il tempo non esiste, un libro di mio fratello, ho trovato questa frase di Gerson Scholem che mi ha colpito molto, che più o meno diceva che, dato che non sappiamo più come si fa “la magia”, possiamo sempre raccontare la storia di quando conoscevamo come si faceva “la magia”. E raccontare la storia diventava “la magia”. Ovviamente la citazione è molto più bella e nel libro anche la memoria aveva una sua funzione importante. Sull’ascolto e su come le storie siano sempre state non solo un modo per curare ma anche per stare alla larga dalle brutte storie guarda Cappuccetto Rosso.



Concentrandosi sulla figura dell'unicorno, Monokerostina prosegue il tuo lavoro sugli archetipi del fantastico. Quest'idea sembra attraversare le tue opere come un fil rouge fino a creare una sorta di mappa per un universo narrativo condiviso: come è nato il "Baroncianiverse"?
Non ho pensato mai all’universo, devo dirti la verità. Se mi stai chiedendo se ho una specie di cosmo con tanto di mappa in cui succedono le varie storie che ho raccontato no, non c’è. Non mi sono mai posto il problema del mondo in cui vivono i personaggi nelle mie storie. Mi viene in mente Fior, che ha una specie di filo rosso, un mondo distopico nel futuro prossimo. In Italia. Ci ho fatto caso osservando le automobili, sembrano tutte appartenere ad una stessa concessionaria. Per quello che riguarda l’unicorno è arrivato dopo la Sirena di Come Svanire Completamente. Mi piaceva fosse piccolo come nelle storie medio-orientali prima e greche poi con cui è arrivato in occidente, volevo che fosse importante ma non protagonista, qualcosa di piccolo, da portare a spasso come un cane.

Se Monokerostinaè la cura, quali sono le malattie dei nostri tempi?
Domanda difficile. Monokerostina doveva uscire un anno e mezzo fa, ma non ci sono riuscito. L’anno scorso con la copertina di Lucio Dalla e il video dell’inedito sono arrivato stanco e senza forze ad agosto. A gennaio usciva per Bao Publishing la ristampa di Quando Tutto Diventò Blu, che è andata benissimo e poi ci sono state le prove, i pezzi che abbiamo scritto insieme a Corrado Nuccini dei Giardini di Mirò e Daniele Rossi dei Gazebo Penguins per uno spettacolo sul libro e sugli attacchi di panico e poi è scoppiata la pandemia, la quarantena, il virus e tutto il resto. Sono stati mesi difficili, e scriverlo così, in una parola sola, “difficili”, dentro una risposta ad una intervista, è poco. Mi viene in mente una canzone di Lou Reed in Magic and Loss che parla più o meno di cosa succede quando vorresti trovare una magia per una cura ma non c’è abbastanza fede neanche nei numeri. Monokerostina gira intorno ad una frase di Quando Tutto Diventò Blu e cioè prendere qualcosa che viene fuori da me e introdurla dentro di me per guarire: la medicina, Magia, e qui arriva l’unicorno.



Hai evidenziato spesso un legame tra le tue opere e la musica: ne abbiamo avuto un assaggio nel trailer promozionale, ma puoi anticiparci quale colonna sonora abbineresti a Monokerostina?
Per fare un po’ di teasing ho usato un po’ di illustrazioni con la protagonista unita a citazioni di canzoni che parlassero di medicine. Poi hanno cominciato a chiedermi su Instagram se il mio prossimo libro a fumetti era sui testi delle canzoni e mi sono demoralizzato. Così ho smesso, ma le altre citazioni alle canzoni erano già pronte. C’era quella di Marilyn Manson sulle droghe che non piacciono a lui (e che non piaceva neanche a me) e una di Vasco Rossi: con tutte quelle, tutte quelle medicine! La canzone di Lou Reed che cito qui sopra è Magician, le altre che ho usato erano prese dai CCCP, CSI, I Cani, Prozac+. La musica invece nel videoclip promo l’ho suonata e scritta io. Nella mia testa c’era Kaneda che girava in moto sulle strade di Neo Tokio con il suo giubbotto con la pillola rossa e gialla.



Ringraziamo di cuore Alessandro Baronciani per la disponibilità e vi ricordiamo che per assicurarvi la vostra copia di Monokerostina (attraverso un preorder a tempo limitato) potete cliccare qui.

Gli Audaci


Something Is Killing The Children

$
0
0
Una storia che unisce horror, thriller e action, realizzata da James Tynion IV e Werther Dell’Edera


Archer’s Peak sembra una cittadina come tante, nascosta in un punto non ben definito della costa Nord-Ovest degli Stati Uniti. Una folta vegetazione la cinge in un ambiente chiuso ed opprimente da tipico paesello in cui tutti conoscono tutti - dove però il silenzio e i segreti, quelli pesanti e terrificanti, creano solchi enormi tra le persone. Non solo: ad Archer’s Peak c’è qualcosa di pericoloso e malvagio tra i boschi. Una creatura spaventosa che sembra prediligere la carne giovane, innocente. Something Is Killing The Childrenè molto più che un semplice titolo accattivante per la serie hit di James Tynion IV e Werther Dell’Edera - è l’intera storia presentata al lettore in cinque semplici, lugubri parole.
Originariamente pubblicata in America per BOOM! Studios, Something Is Killing The Children arriva in Italia grazie a Edizioni BD con il primo volume della serie, Non Andate Nel Bosco: un thriller horror da 144 pagine che dà il benvenuto ai lettori in un microcosmo di periferia statunitense inquietante e corrotto dalla presenza di un terribile mostro che sta lentamente divorando i ragazzini della città. 

Traendo forte ispirazione da Stephen King e da suoi lavori cult come It e Pet Sematary, James Tynion IV costruisce la cittadina di Archer’s Peak raccogliendo nomi e ricordi dalla propria infanzia, modellando e adattandoli ad una storia che fa leva sulla primordiale paura del buio insita in ognuno di noi. James, protagonista e inserto autobiografico dell’autore, àncora i lettori alle dinamiche della cittadina, mostrandone le ferite ancora aperte. Bambino disperso dopo bambino disperso, Archer’s Peak sembra vivere in uno stato di limbo, una sorta di costante miseria e confusione. Troppe vite strappate senza un perché e troppe morti indecifrabili e agghiaccianti lasciano una scia di angoscia e rabbia impressa sul volto di adulti stanchi e combattuti, incapaci di trovare una soluzione. Nessuno sa bene come affrontare la situazione e James, che ha potuto vivere sulla pelle l’orrore della raccapricciante morte dei suoi amici, vaga come un fantasma tra le strade e i corridoi della scuola: ferito, incompreso, inadatto ad esprimere il suo trauma. In questo contesto, l’arrivo di Erica Slaughter in città spezza l’atmosfera e rompe in due la trama di Something Is Killing The Children. Una ragazza di poche, affilate parole, raccolta in un cappotto lungo, capelli biondi come l’oro e occhi verdi come le scaglie di un drago sputafuoco, la giovane cacciatrice di mostri arriva ad Archer’s Peak “incaricata” di rimuovere il problema da un misterioso ordine superiore, ma nemmeno lei è pronta ad affrontare l’orrore che hanno in serbo Tynion IV e Dell’Edera.


Il tempismo è essenziale e la narrazione, almeno nella prima parte del volume, è volutamente dilatata. All’iniziale accenno spaventoso e soprannaturale succedono attimi di silenzio, dialoghi tesi e pregni di parole dure che cadono a terra come macigni. Il lettore assapora amaramente momenti sospesi nel vuoto, come a voler interiorizzare l’assurda follia, l’incubo in cui James è precipitato. Something Is Killing The Children costruisce il proprio orrore in maniera metodica e ponderata. Come nella migliore tradizione à la Stephen King, i personaggi parlano tanto, esplorando il loro status emotivo e mentale. Tynion IV concede giusto un assaggio dell’orrore che prenderà solamente in futuro pieno possesso delle pagine.

Erica Slaughter, come già accennato, è il punto di rottura della storia: il fumetto acquista nuova energia con Erica, che porta con sé nuove sottotrame e costringe James a ricordare l’ultima, tragica apparizione del mostro. Werther Dell’Edera può accantonare per un secondo i ritmi lenti, ingabbiato nella triste griglia della quotidianità di Archer’s Peak, per sbizzarrirsi sadicamente, dando sfogo al tratto sporco della sua matita che diventa impreciso e mozzato, violentemente reciso dalle chine nere come la notte. Il lettore è strappato con forza dal torpore in cui vive la cittadina: la prima apparizione del mostro chiude l’antefatto di Something Is Killing The Children per dare inizio ad una caccia senza tregua tra i boschi di Archer’s Peak - tra gli oscuri segreti di Erica Slaughter e il processo di catarsi del giovane James.



La nuova protagonista balza immediatamente all’occhio per il suo look e l’alone di mistero (questa volta positivo) che seduce il lettore. Dell’Edera completa la caratterizzazione di Tynion IV con alcune gimmick di character design che rendono Erica Slaughter impossibile da resistere: un'antieroina che non sembra intenzionata a voler salvare la città per scopi nobili, quanto più voler chiudere in fretta il lavoro e impedire alle creature di uccidere ancora e proliferare. Ancora una volta James funge da punto di vista ideale per il lettore: attraverso di lui emerge il senso di crescita esponenziale degli eventi, che via via sfuggono dalle mani degli adulti di Archer’s Peak e cadono tra le braccia di Slaughter. La strana ragazza rompe qualsiasi schema di normalità imposto finora e la sua personalità magnetica muove la seconda parte del volume. 

I dialoghi con James hanno un sapore diverso e la rabbia si trasforma in desiderio di giustizia - quasi vendetta. La dinamica tra i due insaporisce la sceneggiatura con qualche gradito cenno di humor e, finalmente, Tynion IV cede ad attimi di positività, accendendo un barlume di speranza nel cuore di James - l’unico tranquillo all’arrivo di Erica ad Archer’s Peak, che reagisce alla comparsa della ragazza come qualsiasi comunità insulare e chiusa farebbe: con sospetto e paura. La città si accende e gli animi si scaldano mentre la storia avanza ad incedere rapido: Dell’Edera e il colorista Miquel Muerto dialogano con il testo lasciandosi andare a zaffate improvvise di colorein una tavolozza piuttosto statica, legata a colori autunnali e invernali. Il ritmo si fa incalzante e il percorso verso il climax di Non Andate Nel Bosco si lascia anch’esso sedurre dallo charme selvaggio, violento e spaventosamente competente di Erica nel suo lavoro. Le sequenze action di Something Is Killing The Children ravvivano il gran finale all’interno di un’ambientazione putrida e viscida, la tana di un mostro orrendo che finalmente incontra pane per i suoi denti.




Ma la storia è solo appena cominciata: Tynion IV semina interessanti elementi sui quali costruire il futuro della serie. Il misterioso Ordine al quale appartiene Erica Slaughter dona orizzontalità ed ampio raggio alla trama e attorno ad esso si intrecciano i destini di più personaggi; il più tradizionale dei cliffhanger chiude invece i primi cinque capitoli presentati all’interno del volume, lasciando l’acquolina in bocca ed un freddo brivido lungo la schiena al lettore. L’influenza di Stephen King permea la storia ma Something Is Killing The Children non scimmiotta, né tantomeno si ferma ad un banale circolo infinito di vuote citazioni - al contrario di alcune ultime tendenze tra cinema e serie TV. L’ispirazione vive nell’atmosfera inquieta e drammatica della cittadina di Archer’s Peak e nei suoi abitanti, illustrati splendidamente da Werther Dell’Edera, che con tocchi fini di matita e china dà vita all'intrigante sceneggiatura di James Tynion IV, capace di unire horror, thriller e action in una formula vincente - perfettamente incarnata nell’immagine terribilmente affascinante, graffiante e granitica della sua protagonista femminile.


Fabrizio Nocerino

Povero Pinocchio

$
0
0
La storia alternativa del bambino di legno realizzata da Alessandro Bilotta ed Emiliano Mammucari


Alla fine degli anni '90, Alessandro Bilotta ed Emiliano Mammucari erano nel gruppo di autori romani che fondò la casa editrice Montego (insieme a Marco Marini, Franco Urru e Mauro Uzzeo). Dalla loro collaborazione e sotto quell'etichetta vide la luce la graphic novel Povero Pinocchio - storia di un bambino di legno, rivisitazione del romanzo di Carlo Collodi.
Nel 2019, per celebrare degnamente i vent'anni dalla pubblicazione originaria, l'opera è stata riproposta da Star Comics (come avevamo già segnalato lo scorso anno nel nostro post sulle opere da non perdere a Lucca Comics & Games 2019) in una nuova edizione rimasterizzata nei colori, con interessanti contenuti extra come le postfazioni degli autori e alcuni articoli relativi alla nascita dell'opera.


"Doveva essere una storia pedagogica; invece Pinocchio, schiena dritta e naso all'insù, mostra al mondo il valore della disobbedienza."
Emiliano Mammucari
(dalla postfazione del volume)

Povero Pinocchioè un buon modo per approfondire gli esordi di due autori che avrebbero segnato in maniera indelebile il fumetto italiano nei due decenni a venire. In questo lasso di tempo, Bilotta ha impostato un percorso autoriale che, da La Dottrina a Valter Buio, da Dylan Dog a Mercurio Loi, lo ha portato a diventare uno degli sceneggiatori italiani con maggior consapevolezza di questo mezzo espressivo. Mammucari, a partire da Orfani e fino ad arrivare alle tante serie della collana Audace della SBE di cui è disegnatore o copertinista o autore di charachter design o ancora supervisore della colorazione, è diventato di fatto un punto di riferimento per un modo innovativo di fare fumetti in Bonelli, a partire dalla pre-produzione e fino ad arrivare al prodotto finito.


Insieme, in Povero Pinocchio Bilotta e Mammucari realizzano una storia intensa, sentita, appassionata, che reinterpreta la fiaba di Pinocchio da un punto di vista inedito e fornendo chiavi di lettura interessanti. La giovane età degli autori permise loro di conservare quell'incoscienza necessaria a confrontarsi con "mostri sacri" come il protagonista della storia immaginata da Collodi, senza restarne succubi.
Lungi dall'essere una banale riproposizione dell'opera originaria, pur nella sua brevità (22 pagine di storia) sfrutta bene le potenzialità dell'arte sequenziale, raccontando in splendide tavole a colori in acquerello il rifiuto di crescere di un bambino di legno e non solo.


Come suggerisce nella postfazione lo stesso Bilotta, la voglia di Pinocchio di non fare quello che gli altri si aspettano da lui è anche l'anima di un certo modo di intendere la creatività. Come un bambino dopo essere stato un burattino scopre la libertà di una vita senza fili, così la creatività deve essere una "passeggiata non programmata", un cammino senza un apparente scopo preciso e premeditato, salvo poi trovare il modo di rendere piacevole e affascinante il viaggio.
Bilotta indica di aver subìto, più o meno consciamente, l'influenza e il fascino delle opere di Francesco Nuti, Carmelo Bene, Edoardo Bennato, Tatsuo Yoshida e Jacovitti, rappresentazioni difformi tra loro non solo perché appartenenti a media differenti ma anche per i significati attribuiti al personaggio e alla sua crescita. Perché l'opera di Bilotta e Mammucari, riletta vent'anni dopo, rappresenta una sorta di manifesto programmatico di un gruppo di autori che, piuttosto che ripercorrere strade già battute, ha deciso di seguire percorsi inediti.
Proprio come quel bambino di legno.

Il sommo Audace


Povero Pinocchio - storia di un bambino di legno
Star Comics, 2019

Testi: Alessandro Bilotta
Disegni, colori e cover: Emiliano Mammucari

"Terranera" di Lorenzo Palloni e Martoz

$
0
0
Un noir cupo e senza speranza


I capi della camorra assegnano a Natale, un anziano criminale, il compito di incendiare alcune discariche sparse per l'Italia. Per farlo, recluta tre giovani immigrati africani clandestini, Jamill, Hassam e Driss, fuggiti dalla loro casa in cerca di un posto migliore per vivere.
Insieme, i quattro risalgono verso il nord Italia prendendo parte alla guerra tra camorra e mafia cinese in un "tour criminale" che gli fa conoscere una nazione inospitale e dallo spirito sostanzialmente xenofobo.


Il cuore cupo e noir di Terranera batte nelle viscere dell'Italia peggiore, quella dove la criminalità si fonde con lo sfruttamento del caporalato, oltre i limiti dello schiavismo. È una storia che riesce a far immergere il lettore in una narrazione pulsante di vita: quella vita tanto desiderata dai protagonisti, rinchiusi in una gabbia a cielo aperto dalla quale vedono solo un orizzonte nero come la pece è in cui si distinguono solo rivoli di sangue rosso pomodoro, dove gli unici bagliori nel buio sono dovuti ai colpi di pistola.

È il buio dell'assenza di futuro: l'oscura deriva di un contesto dove l'unica forma di gerarchia è quella di una criminalità onnivora, che lacera il tessuto stesso della società e dell'esistenza di chi orbita al suo interno. Uno scenario claustrofobico dove anche un viaggio può trasformarsi in una prigione ambulante e la violenza sembra l'unico linguaggio possibile.


Questo è il percorso narrativo ed esistenziale che caratterizza Terranera, opera pubblicata da Feltrinelli Comics e, a parere di chi scrive, già candidata a essere tra le più riuscite dell'intera annata del fumetto italiano. Frutto della collaborazione tra due giovani talenti cristallini, unisce il gusto per il noir di Lorenzo Palloni, tra i fondatori del collettivo Mammaiuto e da noi già da tempo segnalato come uno dei più brillanti sceneggiatori italiani contemporanei, e Alessandro "Martoz" Martorelli, dirompente fumettista e street artist che aveva già collaborato con Palloni nel 2018 per Instantly Elsewhere, un artista dallo stile decisamente unico.

Il crudo realismo, ricercato nel linguaggio e nella sostanza, dei testi di Palloni stride in modo poetico e calzante con lo stile cubista di Martoz, che rasenta l'astratto ma - in un incredibile equilibrio - riesce sempre a mantenere una leggibilità tale da rendere appropriatamente riconoscibili i personaggi e i contesti, anche grazie a un riuscito lavoro di colorazione che differenzia scene e luoghi. Le proporzioni saltano ma il contenuto narrativo, emotivo e artistico dell'immagine resta fino a rendere gli attori in scena vividi, concreti, facendo loro acquisire nuove dimensioni che concettualmente avremmo potuto pensare che non sarebbero rientrati su un foglio di carta. Martoz piega lo spazio e lo rende elemento narrativo, mette in risalto particolari che altrimenti l'occhio del lettore non noterebbe nemmeno, dandogli un peso specifico e una struttura cangiante ma sempre efficace.


Terraneraè un racconto duro, a tratti spietato, quasi del tutto privo di speranza, che non fa sconti, realizzato da due tra i fumettisti di maggior talento della loro generazione.

Il sommo audace


Terranera
Feltrinelli, 2020

Testi: Lorenzo Palloni
Disegni: Martoz

"I ventuno vaffanculo di Zeno" di Roy e Ferrara

$
0
0


I ventuno vaffanculo di Zeno è un volume nato in origine come autoproduzione del collettivo Mojo (Oblio, Anomalia) e riproposto da DOUbLe SHOt in una nuova versione con cover inedita.
Scritto da Niccolò Roy Testi per i disegni di Giulio Ferrara, racconta la storia di un anziano, Zeno Moretti, che scopre di avere pochi mesi di vita e decide di vendicarsi di tutte quelle persone che gli hanno fatto un torto, mandandole a quel paese senza mezzi termini.


La storia è narrata con gusto e riesce a coinvolgere il lettore, anche grazie a citazioni a film indimenticabili come i western di Sergio Leone e alla rievocazione di contesti lontani nel tempo come la Seconda Guerra Mondiale.
Proprio come l'omonimo protagonista del romanzo di Italo Svevo, Zeno riesce a interpretare bene le contraddizioni e l'inappropriatezza dell'uomo moderno, non sempre pienamente padrone del proprio tempo, anche se, a differenza dell'inetto descritto da Svevo, il signor Moretti prova a reagire ai torti subiti nella vita in modo alquanto irriverente.

Dietro l'aspetto quasi goliardico del "vaffanculo" e al di là dell'idea del protagonista di non avere niente da perdere si nascondono i drammi di una vita, i ricordi, le emozioni e i rimorsi e tutto quello che ha caratterizzato il percorso esistenziale di Zeno.


Il concetto di tempo torna spesso nell'opera, anche grazie alla metafora dell'orologio di Zeno, agli attimi in cui si ferma, agli incontri che hanno caratterizzato momenti cruciali e alle persone speciali con le quali condividere i propri stati d'animo. Si tratta di un orologio, a detta del protagonista, che non misura il tempo ma gli umori, evidentemente in contatto con la sua componente più viscerale, i suoi sentimenti più profondi.

Alla descrizione dell'emotività dei personaggi è votata la rappresentazione visiva di Giulio Ferrara, con un tratto spesso che in alcuni punti tende quasi al grottesco, a partire dalla rappresentazione del protagonista, con quel suo volto estremamente allungato e gli occhi quasi nascosti dalle folte sopracciglia.
Molto efficace nella resa delle scene che mescolano realtà, ricordi e immaginazione, ben supportato da una colorazione che, concentrandosi su pochi colori, fa emergere il mood che caratterizza le varie sequenze.

Un fumetto breve, intenso, meritevole, penalizzato purtroppo a livello di visibilità dalla pubblicazione con tempistiche un po' sfortunate: uscito ufficialmente a fine febbraio, poche settimane prima del lockdown, ha ricevuto per forza di cose scarsa visibilità in un contesto dove le priorità sono diventate ben altre.
Non è troppo tardi però per dare il giusto spazio alle gesta (insulti) del povero Zeno Moretti.

Il sommo Audace


I ventuno vaffanculo di Zeno
DOUbLe SHOt, 2020

Testi: Niccolò Roy Testi
Disegni: Giulio Ferrara

Il Mecenate Audace: "Vita da pomodoro" di Tomato Comics

$
0
0
Una raccolta a fumetti che è un "concentrato" di vita!


Prima di parlare di Vita da pomodoro, fumetto pubblicato da BeccoGiallo che raccoglie storie inedite del collettivo Tomato Comics, è necessario presentare questo gruppo di ragazze che ha deciso di collaborare insieme, prendendo un pomodoro come simbolo.

Nato da un'idea di Kotopopi, Tomato Comics riunisce sette fumettiste che all'estero hanno trovato largo seguito pubblicando i propri lavori in lingua inglese: Miko, Bibi, Laura Romagnoli (che ha già pubblicato con BeccoGiallo), Sara Ferracuti, Silvia Carrus, Caterina Costa e la stessa Kotopopi. Con il collettivo, le autrici ripropongono in lingua italiana i propri fumetti per condividerli anche con il pubblico della loro terra d'origine, e lo fanno attraverso due profili Instagram: @tomato.comics, dove vengono pubblicate giornalmente strisce brevi, e @tomatowebcomics, account dedicato a storie più lunghe. Quest'ultimo profilo in particolare è seguitissimo e non è certo un caso che la prefazione di questo fumetto cartaceo sia stata scritta da Giacomo Bevilacqua, autore di uno dei webcomics italiani più famosi: A Panda Piace.

Verrebbe da pensare che questo Vita da pomodoro contenga soprattutto storie già pubblicate sui social, ma in realtà non è così: questo volume va in "controtendenza" rispetto al solito, infatti è formato da ben diciannove storie rigorosamente inedite.
Le ragazze di Tomato hanno deciso di creare da zero storie in cui molti lettori possono immedesimarsi, scegliendo come punto di partenza dei temi che vanno dalle proprie origini e al proprio senso di appartenenza alla femminilità, dalle proprie ambizioni personali alle difficoltà lungo il percorso per soddisfarle.

Vita da pomodoro, come recita il sottotitolo, è veramente un "concentrato di vite a fumetti". Sia online che su carta, Tomato Comics racconta una quotidianità in cui possiamo facilmente rispecchiarci. Ogni lettore troverà l'autrice con cui si sente più affine, dato che ognuna ha il proprio modo per raccontarsi: dal più spensierato (Miko) al più malinconico (Caterina Costa), dal più ironico (Laura Romagnoli e Sara Ferracuti) al più riflessivo (Silvia Carrus), dal più autobiografico (Kotopopi) al più surreale (Bibi). Certo, alcuni stili e mood ricordano altri webcomics più famosi, ma bisogna anche tener conto della giovane età delle autrici, prime tra tutte Caterina Costa, Sara Ferracuti e Miko (non che le altre siano “anziane”, ma hanno di sicuro più esperienza nel campo del fumetto).

Quelle raccontate da Tomato Comics sono storie semplici, sia nella trama che nel disegno, caratteristica che accomuna molti webcomics per la loro stessa natura: difficilmente un lettore sarà invogliato a leggere un fumetto digitale su smartphone, se è troppo "ricco" di elementi o confusionario. Le ragazze di Tomato sanno come si fanno i webcomics e sanno anche come essere seguite, e questo volume è una sfida per cominciare a raccontare storie più lunghe e impegnative, mantenendo comunque la "freschezza" che caratterizza i loro fumetti online. Una sfida che hanno deciso di affrontare su carta con un approccio un po’ diverso a quello che riservano al digitale (con episodi più lunghi, appunto), senza però tradire il modo in cui abitualmente fanno fumetti.


Vita da pomodoro è disponibile in tutte le librerie e fumetterie, oltre che nei più famosi negozi online: a questo linkpotete comprarlo su Amazon!

Se siete alla ricerca di altri webcomics, il Mecenate Povero vi consiglia di spulciare questa lista di consigli di fumetti, tutti disponibili gratuitamente su Webtoon!


Il Mecenate Povero
(Vanessa e Marco)

Trovate le altre puntate della rubrica Il Mecenate Audace qui.

Affinità-divergenze fra il fumetto e noi - Del conseguimento della maggiore età. 2 - Becoming X

$
0
0
Intervista a Daniele Pampanelli e David Ferracci
Negli ultimi anni, la scena indie del fumetto italiano ha visto nascere e spegnersi una quantità davvero notevole di collettivi. L'unione ha sempre fatto la forza in un ambito in cui spesso è difficile sia cominciare a proporre le proprie opere per la prima volta, che cercare di trovare un binario alternativo al proporsi a qualche casa editrice.
Becoming Xè un progetto artistico consolidato ormai da otto anni. Nasce dal mondo delle radio sul web e cresce fino a diventare una realtà caratterizzata da un forte senso di condivisione e comunità tra coloro che ne fanno parte. Gli eventi che organizza per l'Italia, e che spesso uniscono performance musicali e di live drawing, sono la parte più visibile di un collettivo che mette come valori principali quello di partecipare attivamente e di aiutarsi a crescere artisticamente a vicenda.
Abbiamo intervistato Daniele Pampanelli e David Ferracci per parlarci e farci spiegare meglio questa esperienza. 

David Ferracci.
Partiamo dall’inizio di tutto. Che cos’è e come è nato il Becoming X? 

Daniele Pampanelli & David Ferracci: Becoming X è nato come una trasmissione radiofonica sul web: l'idea l'ha avuta Saro, ovvero il nostro presidente. Ne abbiamo organizzata una dal vivo e ci siamo trovati molto bene. Parlo anche a livello umano, ci siamo divertiti per cui abbiamo pensato che sarebbe stato molto bello farlo in maniera più continuativa.
Quindi a piccoli passi e in maniera del tutto autofinanziata abbiamo invitato altri artisti dandoci come obiettivi quello organizzare serate tematiche gestite da noi oppure di partecipare a realtà esistenti come per esempio il festival rock “L’Umbria che spacca”, il cinema Postmodernissimo il Lars Rock Fest di Chiusi e tanti altri.
Siamo un collettivo artistico, ma con una visione e con forte identità politica. I partecipanti mettono a disposizione le loro capacità e competenze e questo fa sì che si valorizzi sia il loro punto di vista e contemporaneamente lo sguardo d’insieme del Becoming. Quel che ci differenzia da altri collettivi simili è che noi abbiamo cercato di darci una forte struttura organizzativa ed è necessario perché fondiamo musica, audio e video e quindi c’è bisogno di sapere quello che si sta facendo e come si sta facendo.


Ci sono delle linee guida o dei punti fondamentali in un collettivo come il vostro?
Ferracci: Credo sia fondamentale per noi la trasversalità: sia nella contaminazione tra le varie forme d’arte ma anche tra di noi, ci influenziamo a vicenda e questo ci migliora e rende tutto più divertente! Puoi trovare esordienti assoluti che disegnano accanto a artisti affermati come Francesco Biagini o Moreno Chiacchiera: questo fa sì che anche quello più timido riesca a tirare fuori il meglio di sé.

Daniele Pampanelli (foto di Emiliano Migliorucci).
Pampanelli: Il primo obiettivo è alzare sempre l’asticella: spesso sfidiamo i nostri disegnatori a uscire dalla comfort zone e misurarsi su cose anche distanti da loro, nella poetica e nella esecuzione tecnica.
Per noi però è fondamentale che tutti gli artisti passino una bella giornata e questo vale per la performance e per il mangiare e il bere: ci si deve divertire per prima cosa!
Abbiamo costruito evento dopo evento una certa indipendenza. E quando parlo di indipendenza parlo anche di mancanza di richiesta di aiuti pubblici, anche se è ovvio che aumentando il livello generale della proposta e di conseguenza le necessità tecniche non è detto che non parteciperemo mai a bandi, anzi proprio per seguire iter che spesso sono ostici e complicati stiamo costruendo una struttura interna che possa gestirli al meglio.
Uno dei nostri obiettivi sarebbe quello di creare un intervento continuativo e specifico su uno dei molti paesini ormai abbandonati in Umbria, magari anche stimolando l’arrivo di artisti esterni al Becoming X anche grazie a mini residenze per gli artisti stessi. Sono tutti obiettivi che ci poniamo, anche se adesso ci muoviamo più come una radio pirata animata da forte spontaneità ma con una propria organizzazione. Quest'organizzazione è tarata sulla disponibilità della gente che sta dietro al progetto, ma è abbastanza “ferrea” da poter gestire tutto.


L’Umbria, malgrado non sia una regione così grande a livello geografico è da sempre la casa di molti artisti e di parecchie iniziative culturali. Parlavate prima di alcuni festival, a me viene in mente la Biblioteca delle nuvole di Claudio Ferracci un polo non solo culturale ma anche di profonda aggregazione. Secondo voi da cosa è dovuto questo fermento? 
Pampanelli: Hai citato Claudio Ferracci, cioè una persona che a titolo praticamente personale, anche se aiutato da alcune istituzioni illuminate, ha creato quella che è una delle biblioteche di soli fumetti più fornita d'Italia, se non d’Europa. Credo non potrebbe essere esistito il nostro Collettivo senza che da anni Claudio e la Biblioteca avessero svolto il ruolo che hanno svolto. 

Assisi, 2019.

David, cosa vuol dire far parte di un collettivo simile, per un artista?
Ferracci: Come autore il Becoming X ti mette nelle condizioni di dover dare sempre il massimo: per te stesso e per tutti gli altri che sono lì con te. Si crea un’alchimia in cui tutti ci guadagnano, per cui sei spinto a osare sempre di più, a metterti in gioco. Conta che la nostra è una visione politica, non legata strettamente alle bandiere, ma un progetto che ci coinvolge come appartenenti alla società e alle comunità con cui ci confrontiamo in ogni evento.

Noi stessi chiediamo sempre un pochino di più alle persone coinvolte, però cerchiamo anche di ridare il massimo possibile.

Essendo composto da individui con la loro poetica e con un modo diverso di immaginare l’arte sicuramente ci saranno visioni diverse. Come sono vissute?

Pampanelli: Io non ho problemi nel sostenere visioni anche molto distanti dalla mia. Ora parlo in prima persona perché parlo da coordinatore artistico del Becoming X. Faccio un esempio: le committenze arrivano a me e sono io che le porto al collettivo e ne discutiamo scegliendo un’idea di tema e anche una poetica ben precisa che difenderò sempre e comunque, anche se questo dovesse significare non essere più richiamati dal tale evento o nel tale spazio. Siamo liberi nel senso che non dobbiamo sottostare a nessun altro, vogliamo rimanere fedeli a noi stessi e alle mille anime artistiche e sociali presenti nel collettivo stesso, e finora ci siamo perfettamente riusciti.



Riverock, 2018.

Una realtà così basata sul contatto, come vive il periodo di lockdown? 
PampanelliA livello finanziario, non siamo una realtà con un rapporto col denaro tale da costringerci a fatturare sempre. Dal punto di vista umano, il contatto fisico ci manca, ci manca stare insieme. Riusciamo comunque a fare qualcosa, nei limiti che ci sono adesso: chiaro che se tutto è fermo, non ci sono i soldi e quindi progetti su cui lavorare.

Ferracci: Diciamo che come collettivo, il fatto di esorcizzare questo momento di “depressione” con collaborazioni come quella con la Galleria Nazionale dell'Umbria, o con The Mag (per cui abbiamo fatto un'illustrazione o due a testa) mantiene quella miccia accesa che è lo spirito vero del Becoming X.



Galleria Nazionale, 2018.

Pampanelli: Insomma, questo collettivo non muore perché in questo momento non ci sono le commissioni. È un po' il privilegio dell'autofinanziarci, insieme alla grande libertà che abbiamo. Quello che curiamo sempre è la parte umana, e se dobbiamo organizzare qualcosa, abbiamo sempre come priorità quello di fare stare bene le persone con noi. 

Com'è il rapporto con gli organizzatori e i partecipanti degli eventi a cui avete partecipato?

Pampanelli: Per gli organizzatori, a parte pochissime volte, bene. In genere non andiamo “a cercare”, ci cercano perché sanno quel che facciamo, il grado di autonomia nell’organizzare le cose (che gli toglie tutta una serie di beghe a loro) ma se abbiamo un progetto e un interlocutore che ci sembra adatto, glielo proponiamo. Vedi ad esempio le diverse serate fatte al Cinema Postmodernissimo.
Per quanto riguarda i partecipanti, noi teniamo particolarmente a trattare tutti allo stesso modo. Con la Galleria Nazionale dell'Umbria, abbiamo fatto esordire dal vivo tredici disegnatori esordienti in assoluto con una tavoletta grafica. Com'è normale, ci sono momenti in cui qualcuno riesce a dare di più o di meno, ma anche chi è da poco con noi ha ben chiaro cosa c'è da fare.
Diamo una grande importanza al momento assembleare: in primo luogo, sono necessarie per la trasparenza, perché tutti i soldi che entrano sono rendicontati a tutti i soci. In più cerchiamo di prendere decisioni insieme sui progetti futuri. Cerchiamo di arrivare con una proposta chiara e a seconda delle nostre possibilità, com'è andata ad esempio con l'affitto della sede.
Mi pare che la differenza tra voi e varie altre realtà sia che partite dal locale per espandervi, mentre molte altre tendono più a radicalizzarsi nel territorio.



Galleria Nazionale.

Ferracci: Questo ci permette di avere una sorta di connessione fra le regioni. Se abbiamo un evento a Napoli, per dire, oltre a quelli tra noi che si spostano per andare in là, ci sono già artisti sul posto che ci permettono di arricchirlo.

Pampanelli: Siamo chiaramente territorializzati, ma abbiamo sempre cercato di coinvolgere nelle nostre manifestazioni la rete di relazioni che abbiamo costruito. Puntiamo ad avere via via più gente su cui contare e divertirci e le occasioni che cerchiamo di costruire sono sempre aperte a tutti, così come siamo aperti alle proposte. Ogni tanto tocca un po' pungolare e pungolarci, perché teniamo alla permeabilità del collettivo.
Credo però la vera differenza sia il fatto di essere un collettivo politico. Non nel senso che facciamo politica... 

...dall'idea di polis.
Pampanelli
: Esatto. Il nostro manifesto non è un manifesto d'arte, per dire. In realtà noi abbiamo persone veramente eterogenee tra di loro, come mestiere e come estrazione. E mi auguro che sia come dici: partire dal piccolo territorio per espanderci.
Fino ad ora le esperienze che abbiamo avuto fuori, e cominciamo ad averne all'attivo parecchie, sono arrivate da contatti della nostra rete. Poi in realtà fa la differenza la continuità con cui proponi delle cose interessanti, e allora i contatti diventano solo un'agevolazione.
Si è creata una situazione per cui ci siamo ridistribuiti una serie di responsabilità e ci siamo auto organizzati a un punto tale che ora c'è gente che può tranquillamente prendere il mio posto come coordinatore.
Lo zoccolo duro siamo in due a organizzarlo (io e Francesca Mantuano), ma il confronto è sempre con tutti. La cosa che mi dà più soddisfazioni è far lavorare bene gli altri.



Nuvolette - Rovereto, 2019.

Ferracci: Nel Becoming X c'è quella voglia di quaglià. Anche se qualcuno tende ad adagiarsi sugli allori, è in un contesto in cui automaticamente si riporta alla vita e si dà da fare. Ed è bello stare in una manifestazione in cui tutti fanno qualcosa.

Pampanelli: Tutta l'organizzazione che ci diamo è fatta nel rispetto degli altri, nel far stare bene quelli che sono lì quella sera, artisti e pubblico. E ragionare in questi termini funziona, è una cosa che viene capita. Il Becoming X è più del frame in cui viene disegnata una vignetta: è appunto l'organizzazione che c'è dietro e il talento di chi c'è dentro. C'è gente che ha iniziato con noi, ha smesso col lavoro che faceva per frequentare accademie o fare esperienza nel disegno perché vedeva che riusciva a farlo. O al contrario c'è anche gente che si è unita a noi perché aveva voglia di migliorare.



Spazio Astra, febbraio 2020.

È l'esempio degli altri che ti migliora.
Pampanelli: E ti assicuro che questa cosa è vivissima. Vedi da evento a evento professionisti e non professionisti che cambiano segno ed evolvono grazie al contatto con gli altri. Ed è qualcosa di potentissimo.



Luca Frigerio e Cristiano Brignola

Samuel Stern #9 - Il Mistico

$
0
0
Un nuovo viaggio alle origini del male

Con Il Mistico prosegue non solo il racconto delle gesta di Samuel Stern e dei suoi comprimari, ma anche l'approfondimento delle tematiche affrontate in questa serie: le origini del male che affligge l'animo umano, generando demoni oscuri che entrano in contatto con il mondo che ci circonda.


Una barca di nome Hope conduce un mucchio di fedeli pellegrini alla Grotta sacra dove avvengono i "miracoli" di Fratello Irvin, il "mistico" che guarisce i malati per mano dell'Altissimo.
Ma l'odore sulfureo che traspira dalle pagine e la citazione dantesca proferita da Samuel Stern rendono implicitamente evidente che non è un viaggio di sola andata verso il Paradiso, anzi.

Giunta alla sua nona uscita mensile, la serie Bugs Comics conferma la sua attitudine a rifuggire dalle banalità del genere cercando di concentrarsi su tematiche universali sulle quali è difficile non fermarsi a riflettere una volta terminata la lettura. La fede e il dubbio, la speranza e la disperazione, il conforto e la condanna sono tutti concetti che rimangono in testa dopo aver chiuso l'albo, certamente uno dei migliori tra quelli pubblicati finora.


I testi sono affidati a Davide La Rosa, fumettista comasco avvezzo a uno stile umoristico (e graficamente minimalista, quando lavora come autore completo) che qui cambia genere dimostrando notevole versatilità. Molto interessante e azzeccato lo sviluppo delle caratterizzazioni di Samuel Stern e Padre Duncan nel corso dell'episodio, con dialoghi credibili e dal buon ritmo, in alcuni frangenti (nella prima metà dell'albo) concedendosi parentesi briose e persino divertenti, ma mai eccessivamente sopra le righe. La seconda parte della storia è invece progressivamente più cupa e affastellata di visioni e ricordi intensi e drammatici, che catturano l'attenzione del lettore.

Davvero valido anche il lavoro di Luigi Zagaria ai disegni, autore dallo stile realistico che interpreta bene la sceneggiatura di La Rosa. Efficace in particolare la rappresentazione visiva di alcune scene: esemplari le pagine 48 e 49 con l'incontro/scontro a distanza tra Samuel Stern e il Mistico, un dualismo manicheo tra luce e ombra che viene suggerito tramite le scelte di regia e senza necessità di esprimersi a parole.


Citiamo anche il lavoro del letterista della serie, Paolo Altibrandi, ad esempio per le vignette che prededono l'entrata in scena del Mistico (pagg. 39/41): i balloon con le preghiere dei fedeli sembrano costituire un ingombro quasi materiale nella scena e diventano un elemento narrativo implicito di notevole impatto.

Insomma, una storia da leggere e che si fa decisamente apprezzare, anche grazie alla notevole cover di Valerio Piccioni, Maurizio Di Vincenzo ed Emiliano Tanzillo, una delle più efficaci tra quelle pubblicate sinora.


Concludiamo con l'annuncio presente nell'editoriale introduttivo dell'albo e nella pubblicità in quarta di copertina: la pubblicazione del primo Speciale della serie edita da Bugs Comics, dal titolo Come nasce un eroe. L'Extra #1 conterrà la ristampa del numero 0, albetto ormai introvabile, oltre ad alcuni dietro le quinte della realizzazione delle storie e delle cover e alla prima storia di Samuel Stern pubblicata finora solo sul web in occasione di un concorso e mai stampata su carta. Inoltre verranno proposte qui due storie inedite, realizzate ai disegni da Adriana Farina e dal duo Piccioni/Di Vincenzo. Lo Speciale sarà in edicola a ottobre, per festeggiare il primo anno di vita editoriale del personaggio.
Una notizia che fa il paio con il recente annuncio della pubblicazione del fumetto anche in Danimarca, grazie alla collaborazione con Shadow Zone Media: ci auguriamo che tutto questo sia di buon auspicio per l'effettivo (e meritato) successo di una serie che sta contribuendo a mantenere viva l'offerta di fumetti seriali realistici da edicola.

Il sommo audace


Samuel Stern: "Il Mistico"
NUMERO: 9
DATA: luglio 2020
Bugs Comics

SOGGETTO E SCENEGGIATURA: Davide La Rosa
DISEGNI E CHINE: Luigi Zagaria
COPERTINA: Maurizio Di Vincenzo, Valerio Piccioni ed Emiliano Tanzillo

Il Grande Diabolik 2/2020 - Io sono Eva

$
0
0
Ovvero: come Eva Kant è diventata la donna che conosciamo


Il 2020 è un anno importante per Diabolik. Il 31 dicembre sarà nei cinema italiani il lungometraggio diretto dai Manetti Bros, scritto da Michelangelo La Neve e dai Manetti (su soggetto realizzato insieme a Mario Gomboli) con un cast che comprende Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Alessandro Roia, Serena Rossi e Claudia Gerini.
Ovviamente il personaggio ideato dalle sorelle Giussani, prima ancora del grande schermo, vive sulle pagine della serie regolare, in edicola ogni mese dal 1962, e sulle uscite speciali che regolarmente la casa editrice Astorina dedica al personaggio e ai suoi comprimari.
Molto interessanti risultano spesso le storie de Il Grande Diabolik, uscite di grande formato pubblicate a cadenza quadrimestrale, che propongono episodi inediti o ristampe. L'albo di luglio di quest'anno, intitolato Io sono Eva, è incentrato sul passato di Eva Kant.


La peculiarità di questa collana consiste nel consentire agli autori di realizzare storie di più ampio respiro (170 tavole), concedendo agli sceneggiatori lo spazio per uno sviluppo meno convenzionale delle trame e ai disegnatori una costruzione delle tavole basata su un formato diverso da quello tascabile (tipico della serie regolare), permettendo loro di osare e variare maggiormente con il layout. Inoltre, in casi come quest'albo, alcuni avvenimenti narrati possono risultare particolarmente "importanti" per i lettori della serie, ricollegandosi a episodi già noti e ampliandone la trattazione di eventi specifici o, in alcune occasioni speciali, rivelando dettagli del tutto inediti del passato dei personaggi e introducendo nuovi scenari e comprimari.
In quest'ultimo solco si inserisce Io sono Eva, che approfondisce un periodo finora oscuro del passato di Eva Kant, alcuni anni prima del suo incontro con Diabolik. La storia, scritta da Tito Faraci e Mario Gomboli a partire da un’idea di Andrea Artusi e Mirko Zilio, esplora infatti il periodo in cui Eva era in Sudafrica, senza documenti nè soldi né un progetto per il futuro: un periodo segnato da un incontro con un personaggio affascinante, delineato in maniera molto azzeccata dagli autori, che risulta fondamentale per la definizione dell’Eva Kant che conosciamo (e che non ci dispiacerebbe reincontrare in storie future!). È una storia in grado di appassionare non solo il lettore affezionato, ma anche il fruitore casuale, grazie a una sequela di avvenimenti avvincenti e intriganti.


I disegni di gran parte dell'episodio, ovvero del lungo flashback ambientato nel passato, sono ad opera di Giuseppe Palumbo (il quale ha firmato anche la cover). Il disegnatore lucano realizza l'ennesima prova straordinaria, con il suo tratto inconfondibile che ha fatto ormai la storia del personaggio. Le tavole realizzate da Palumbo esprimono appieno dinamismo presente nelle scene descritte nella sceneggiatura, donando notevole espressività alla raffigurazione dei personaggi e con un ritmo di lettura incredibile, favorito dalla maggior libertà concessa dal formato più grande.
Va citato anche il lavoro di Matteo Buffagni, copertinista della serie regolare, il quale si occupa invece delle tavole del prologo e dell'epilogo proseguendo il suo lavoro affascinante di sintesi stilistica.


Particolare interessante, svelato nella postfazione, è che questa trama era stata ideata inizialmente da Artusi e Zilio per un romanzo Young Adult incentrato sul passaggio di Eva dall'adolescenza all'età adulta, progetto in seguito trasformato (con successo, aggiungiamo noi) in fumetto: una storia che permette di tornare a puntare i riflettori su una donna indipendente, moderna, un'icona della cultura pop che va ben oltre l'ombra del personaggio titolare della testata e che riesce invece a mantenere un suo fascino e una sua autonomia.

Il sommo audace


Il Grande Diabolik 2-2020 - "Io sono Eva"
Data: Luglio 2020
Editore: Astorina

Soggetto: Mario Gomboli e Tito Faraci
(a partire da un’idea di Andrea Artusi e Mirko Zilio)
Sceneggiatura: Tito Faraci
Disegni: Giuseppe Palumbo
Disegni prologo ed epilogo: Matteo Buffagni
Retini: L. Vasco
Cover: Giuseppe Palumbo (colori di L. Bulgheroni)
Lettering: B. Mazzocchi

"Ai confini della realtà" di Koren Shadmi

$
0
0
La vita di Rod Serling a fumetti


Ai confini della realtà è una graphic novel sensazionale narrata come se fosse una lunga puntata dell'omonima serie tv (negli States The Twilight Zone, andata in onda tra il 1959 e il 1964) e incentrata sulla vita di Rod Sterling, sceneggiatore statunitense noto appunto come creatore della serie (non a caso il titolo originale del volume, edito in Italia da Edizioni BD, è The Twilight Man).
All’inizio della storia ci ritroviamo su un aereo di linea durante un volo notturno (per i veri fan un ovvio richiamo all’episodio cult Incubo a 20.000 piedi). Rod Serling è un passeggero del volo e fa la conoscenza di una donna, sua vicina di posto, con la quale inizia una conversazione apparentemente normale che lo trascina pian piano a raccontare alcuni episodi poco noti ma fondamentali della sua vita.

[N.B. La recensione non contiene spoiler]


Koren Shadmi, autore dell'opera, utilizza l’espediente narrativo del flashback e lascia che a raccontare la storia sia Rod Serling stesso attraverso un lungo monologo/dialogo che si sofferma su un periodo che parte dalla leva militare a 20 anni, nel 1943, fino ad arrivare (tornare) al momento presente sul volo notturno.

Il volume è ben diviso in quattro capitoli. Nel primo viene affrontato il periodo militare di Serling, l’addestramento come paracadutista, la passione per il pugilato e quella ancora acerba per la scrittura, ma soprattutto vengono affrontati i drammi e gli orrori della Seconda guerra mondiale vissuta in prima persona nelle giungle filippine.
In questo fumetto, che non è una vera e propria biografia poiché tralascia i primi 19 anni di vita di Serling, assistiamo all’evoluzione di un giovane soldato in cerca del suo posto nel mondo (dello spettacolo).
Dal mio personale punto di vista questo primo capitolo è il più crudo e commovente di tutto il volume. Le situazioni vissute in guerra, la morte di alcuni compagni, la fame e la sete provate nelle interminabili giornate nelle foreste e infine l’odio insensato delle atrocità viste e vissute cambieranno profondamente e per sempre il protagonista.
Diversi anni dopo (quasi quindici) molte delle sue esperienze del periodo di guerra, i relativi traumi postumi e le sue personali riflessioni che ne sono scaturite finiranno nelle sceneggiature della serie.


Gli avvenimenti coprono un arco temporale piuttosto lungo, che va dal 1943 al 1975. Alcuni passaggi vengono narrati in modo fluido e abbastanza veloce, mentre altri a volte vengono completamente saltati. Questo in qualche caso va a scapito di alcune vicende che risultano appena accennate e che mettono in secondo piano (se non del tutto fuori dalla storia) personaggi come, ad esempio, i familiari di Serling (i quali compaiono in dei brevissimi cameo durante tutto il racconto, senza mai esserne protagonisti).

Nel secondo capitolo vediamo l’evoluzione di Serling: uno studente che dai primi lavori in radio riesce a ottenere i successi televisivi degli esordi, fino ad arrivare, non senza difficoltà, a vedere in onda finalmente il suo copione dei tempi del college dal titolo Ai confini della realtà.


Negli ultimi due capitoli la narrazione si fa più serrata nel raccontare la vita di Serling quasi esclusivamente dal punto di vista lavorativo: il successo della serie, le continue critiche, i problemi con la censura, la voglia di dimostrarsi un buon sceneggiatore. Sullo sfondo vengono accennati temi quali il peso del successo, le varie relazioni extra coniugali e i problemi di salute.

La figura di Rod Serling che viene fuori dall’intera opera è sicuramente quella di un uomo dal passato traumatico che grazie alla sua caparbietà e passione è riuscito a realizzarsi nel lavoro di sceneggiatore vivendo pienamente la sua breve vita. Un uomo capace di inventare un genere televisivo mai visto prima che vanta tra le sue file sceneggiatori del calibro di Richard Matheson, Ray Bradbury e Charles Beaumont.

Se volessimo cercare dei difetti in questa graphic novel (e comunque ce ne sarebbero pochi), penserei principalmente all'idea di tralasciare totalmente i primi 19 anni di vita di Serling, la cui trattazione avrebbe magari fornito degli indizi fondamentali sulle prime influenze e le passioni adolescenziali del protagonista. Tutto sommato la scelta è comunque comprensibile, poiché ha permesso di dare molto più spazio al racconto di guerra.
Il secondo capitolo poi è forse troppo frettoloso in alcuni salti temporali che passano velocemente dal periodo del college (appena accennato) ai primi lavori in radio fino ad arrivare al successo televisivo. Nonostante questo la narrazione scorre fluida.


I disegni di Koren Shadmi possiedono un tratto semplice, molto pulito e immediato. Le vignette seguono uno schema a griglia classica e le scene sono molto curate nei particolari. I volti dei personaggi, fortemente espressivi e a volte machiettistici, si bilanciano bene con le pose ed i movimenti corporei, piuttosto realistici.
La qualità dei disegni nell’intera opera resta invariata dall’inizio alla fine e passa con disinvoltura da un tono crudo e realistico a uno comico, a volte surreale a volte scanzonato. Spesso si strizza l’occhio ad una narrazione in sequenze tipiche del montaggio cinematografico, mentre altre volte alcune pagine richiamano molto di più una successione di immagini in stile storyboard. Non ci sono splash page, che avrebbero forse in alcuni casi permesso un più ampio respiro alla narrazione.

Concludo provando a rispondere a una domanda: perché leggere questo fumetto?
Per comprendere l’uomo dietro il mito (della serie) ma soprattutto per comprendere che le grandi imprese nascono sempre affrontando le dure avversità esterne e le grosse crisi interiori.


Serling, attraverso Ai confini della realtà, riuscì ad aggirare le pesanti censure dell’epoca utilizzando il racconto fantastico, onirico e surreale come sfondo per tematiche più delicate e sensibili, argomenti considerati tabù per la tv degli anni 50/60 come ad esempio i traumi della guerra, l’odio verso il diverso, l'estinzione dell’umanità, il razzismo, la solitudine, la decadenza della società, la malattia, la pazzia, i pericoli della scienza senza etica, il sovrannaturale ma soprattutto il tema onnipresente, quello dell’esplorazione delle paure più profonde e dei desideri più oscuri dell’animo umano.
Storie che quasi mai hanno un lieto fine e che al contrario contengono un messaggio morale tanto profondo quanto angosciante, dove nessuno sfugge al proprio destino. Esattamente come Rod Serling, protagonista della sua stessa storia ai confini della realtà.

Grullino Biscottacci


P.S. Una curiosità: il titolo originale della serie, The Twilight Zone (La zona del crepuscolo, letteralmente) è un termine col quale U.S. Air Force indica il momento in cui, durante la fase di atterraggio di un aereo, la linea dell'orizzonte scompare sotto il velivolo per un breve istante, lasciando per un attimo il pilota senza riferimenti.

Foto di Grullano Biscotterrimo.

Ai confini della realtà - La vita di Rod Serling
Data: Luglio 2020
Edizioni BD

Testi e disegni: Koren Shadmi

Superman #4 (Panini Comics)

$
0
0
L'Uomo d'Acciaio secondo Brian M. Bendis


Il quarto numero dello spillato Panini Comics dedicato a Supermanè un albo decisamente epocale.
Se seguite il mercato fumettistico statunitense, sarete probabilmente già a conoscenza della natura della svolta impressa da Brian Michael Bendis sulla serie intitolata semplicemente Superman. Altrimenti, potete scoprirlo leggendo questi due episodi, perfettamente bilanciati tra l'anima fantascientifica e stellare dell'Alieno e il lato più intimistico e urbano dell'Uomo.


INIZIO SPOILER (Segreto di Pulcinella)
Parliamo, per essere espliciti, della decisione di Superman di rivelare al mondo la sua identità segreta.
FINE SPOILER

Considerando la propensione onnivora al cambiamento delle testate supereroistiche, forse le conseguenze di questo colpo di scena non dureranno a lungo, ma certamente lo sceneggiatore di Cleveland, ben coadiuvato da due fuoriclasse come Kevin Maguire e Ivan Reis, è riuscito in queste due storie a portare a compimento la sua visione del personaggio e del suo contesto narrativo. Come giustamente indicato dal sempre attento Giorgio Lavagna nelle note, Bendis sembra rievocare la poetica del monologo finale di Kill Bill di Quentin Tarantino, dove veniva brillantemente sottolineato come fosse Clark Kent la vera maschera, "il costume che Superman indossa per mimetizzarsi tra noi". Vien da sé che liberarsene rappresenta dunque un atto di maturità e di onestà verso le persone che gli stanno intorno, conseguenza diretta dei recenti avvenimenti familiari che hanno scosso la vita di Kal-El.


Come è nel suo stile, è nei dialoghi che Bendis fa la differenza, rendendo tridimensionali i personaggi e le loro reazioni.
Le tavole disegnate da Maguire contengono tutta l'espressività marcata e il tocco d'ironia di cui è capace, mentre l'approccio più dettagliato, dinamico e realistico di Reis è perfetto per la seconda parte. Eccezionale in particolare la tavola muta con Clark e Perry, una sequenza davvero magistrale nella sua ideazione ed esecuzione.

Per chi ama l'Azzurrone, un albo da non perdere.

Il Sommo audace


Superman #4
Editore: Panini Comics
Data: Luglio 2020
“La verità - Prologo” / “La verità”
(tratti da Superman #17/18)

• Testi: Brian M. Bendis
• Disegni: Kevin Maguire e Ivan Reis
• Chine: Kevin Maguire e Joe Prado
• Colori: Paul Mounts e Alex Sinclair
• Cover: Ivan Reis

Dylan Dog Oldboy #2

$
0
0


Il Dylan Dog Oldboy di agosto si presenta con una splendida cover dei Cestaro Bros, richiamo evidente alla storica e ampiamente omaggiata copertina di Claudio Villa per il primo numero (ripresa anche nel poster in allegato).

L'albo con il poster in omaggio.

I due episodi presentati nel secondo numero della nuova incarnazione della testata (ex Maxi Old Boy) raccontano storie terribilmente cupe, crude, dalle atmosfere a tratti asfissianti. In entrambi i casi ci si rifà a quell'orrore fatto di abissi esistenziali e strade senza ritorno, con trame che sferrano continui colpi allo stomaco del lettore.
In Cuore cattivo, il duo formato da Rita Porretto e Silvia Mericone (le ideatrici di Dottor Morgue per le Edizioni Star Comics, da tempo al lavoro in Bonelli) confeziona un episodio che, a detta delle stesse autrici, più che un sequel de Il lago nero (Maxi Dyd #26) rappresenta una sua ideale evoluzione.


Infatti, laddove in quell'episodio avevano affrontato il tema del relativismo della differenza tra bene e male, dimostrando quanto labile può essere il confine che li separa e di conseguenza quanto può rivelarsi fallace il ruolo dell'Indagatore dell'incubo, in questa nuova storia le due sceneggiatrici (sempre accompagnate dai bravi Valerio Piccioni e Maurizio Di Vincenzo ai disegni) parlano dell'imprevedibile - e perciò ancor più temibile - evoluzione del male in altre forme, come il male assoluto.
Tra incubi oscuri, abissi che sembrano non avere fine e orrori difficili anche solo da immaginare, l'inquilino di Craven Road vive alcune delle pagine più cupe della propria esistenza su carta, in una storia che indubbiamente lascia il segno nella mente del lettore, anche mediante alcune scene molto "forti" (persino per Dylan Dog).


Il secondo episodio, Green world, realizzato ai testi da Riccardo Secchi e ai disegni da Paolo Bacilieri, lascia ampio spazio sin dalle prime pagine al talento visionario di quest'ultimo. Bacilieri confeziona tavole che in alcuni passaggi scardinano completamente la gabbia bonelliana e guida il lettore verso percorsi autoriali decisamente fuori dal comune.
La trama, che parte da istanze simil ecologiste per poi cambiare rotta nella seconda parte, coinvolge grazie a un impianto che vira sul noir e viene inframmezzato da brevi scene oniriche interpretate magistralmente da Bacilieri.


Non è dunque una lettura estiva "fresca e leggera" e nemmeno un modo per rassicurare i fan della prima ora. Il secondo Oldboyè un albo tosto, di grande personalità e a tratti persino disturbante, che approfondisce un lato meno "mainstream" delle storie dell'Indagatore dell'incubo senza per questo risultare meno affascinante.

Il sommo Audace


Dylan Dog Oldboy #2
(Maxi Dylan Dog #40)
Data: agosto 2020
Sergio Bonelli Editore
Copertina: Gianluca & Raul Cestaro

Cuore cattivo
Testi: Rita Porretto & Silvia Mericone
Disegni: Valerio Piccioni & Maurizio Di Vincenzo

Green world
Testi: Riccardo Secchi
Disegni: Paolo Bacilieri


Tutte le immagini © 2020 Sergio Bonelli Editore.

"Aficionados" di Andrea Pazienza

$
0
0
La riedizione Coconino con colori di LRNZ

Nel 2019 fa approdava in libreria per Coconino PressAficionados di Andrea Pazienza, una storia straordinaria, piena di comicità pura.

La leggenda vuole che sia stata scritta e disegnata da Paz in un breve arco temporale (secondo Filippo Scòzzari in un mese circa, a inizio estate 1981), per l'esigenza di realizzare un allegato al numero estivo della storica rivista Frigidaire. Ciononostante, è una piccola perla inestimabile, disegnata con stile pulito ed essenziale e con vignette spesso volutamente soverchiante da lunghe (ed esilaranti) didascalie, in pagine dove emerge il lato più grottesco dello stile di Pazienza (nonché dei personaggi che popolano l'opera).


Questa edizione si fregia di una colorazione affidata a LRNZ, uno dei più poliedrici e visionari fumettisti italiani contemporanei, il quale ha dedicato la sua giovinezza allo studio della tecnica di Paz. Come affermava l'editore presentando il volume, «il suo approccio al colore è stato quello di uno studente che mette finalmente a frutto tutti gli insegnamenti del maestro, un atto d'amore e rispetto realizzato con gli stessi strumenti e mimetico stile»: un equilibrio perfetto tra la fedeltà alle scelte stilistiche di Andrea Pazienza e una resa su carta impeccabile anche nelle sue ricercate imperfezioni e connotazioni "datate".
Ed è per questo che perdersi in quel deserto africano con il tenente Stella, il caporalmaggiore D'Angelo e i due soldati semplici diventa un'esperienza ancor più unica e irresistibile.

Il sommo Audace



Il Kriminal che non abbiamo mai visto (di Catacchio, Casali e Accardi)

$
0
0
Alcune tavole inedite dal progetto mai realizzato sul personaggio ideato da Max Bunker


In questi giorni è approdata in edicola una ristampa delle prime storie di Kriminal, caratterizzata da un'inedita (e per molti discutibile) colorazione.
Ma c'è un altro Kriminal a colori, quello delle fantomatiche nuove avventure che non abbiamo mai potuto leggere, un progetto annunciato e che purtroppo non ha mai visto la luce (se non per un leggendario numero zero, presentato a Lucca Comics 2014).
Una serie che sarebbe stata realizzata da un team creativo composto da grandi fumettisti, riuniti intorno ai nomi di Onofrio Catacchio, Matteo Casali e Giuseppe Camuncoli.
Dagli archivi di quell'esperienza che non fu, grazie alla collaborazione di Onofrio Catacchio, abbiamo recuperato alcune tavole inedite dal secondo episodio della serie in lavorazione sul personaggio ideato da Max Bunker.
Si tratta di cinque tavole, delle quali vi riportiamo le stampe fatte per la correzione delle bozze di testi e colori.
I testi sono di Catacchio e Casali, i disegni di Andrea Accardi e i colori di Nicola Righi.






Ringraziamo Onofrio Catacchio per la collaborazione.
Viewing all 2540 articles
Browse latest View live