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Uncanny Cinecomics - Avengers: Endgame

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Dopo oltre dieci anni di storie, i fratelli Russo buttano il cuore oltre l’ostacolo


Con estremo orgoglio e un pizzico d'emozione vi presentiamo una nuova rubrica, Uncanny Cinecomics, frutto dell'inedita collaborazione con Fabrizio Nocerino, fondatore della pagina Uncanny Comicse già collaboratore di realtà come GeekArea e Dimensione Fumetto
E una rubrica sui cinecomics poteva essere inaugurata in queste settimane in maniera migliore che parlando di Avengers: Endgame?
Ecco a voi dunque l'analisi dettagliata, ragionata e (inevitabilmente) emotivamente coinvolta del film dei fratelli Russo che chiude un'era.

(Ci teniamo a dirvi che quanto segue contiene spoiler sulla trama, nella malaugurata ipotesi in cui voleste avventurarvi a leggere il pezzo prima di vedere il film!)



Il discorso da affrontare riguardo Avengers: Endgameè più complesso di quanto possa sembrare.Nei 181 minuti diretti dai fratelli Joe e Anthony Russo confluiscono scelte di trama, caratterizzazioni psicologiche ed evoluzioni maturate nel corso di dieci anni di storie, raccontate da migliaia di menti diverse, impegnate nella costruzione di un unico, immenso universo condiviso. Ogni singolo autore, sceneggiatore, direttore della fotografia, montatore e artista degli effetti speciali ha lavorato all’unisono, variando sul tema, parlando con una voce propria ma mantenendo una visione d’insieme. Cambiamenti, debolezze, avventure incredibili e colpi di scena - tutti i personaggi di Endgame vengono da percorsi unici, una crescita lunga il tempo di ventuno film differenti. Il diciannovesimo di questi segnò un drastico cambiamento nel rapporto tra l’opera e lo spettatore.

Infinity War, in tutta la sua brutale sincerità, divenne un vero “film con i supereroi” grazie ad un semplice schiocco di dita. Infinity War sconvolse il pubblico perché non ebbe paura di raccontare del fallimento degli Eroi Più Potenti della Terra. Endgame costruisce sulle basi di quel fallimento, racconta la vita dopo lo Schiocco di Thanos - e cosa vuol dire essere eroi dopo la caduta.

Normale, dunque, che la prima ora di Avengers: Endgame sia avvolta da un’aria cupa, grigia, colma di rancore e tristezza, ma anche rabbia e frustrazione. Miracolosamente salvato dall’oblio spaziale grazie a Captain Marvel, Tony Stark torna dal cosmo deperito, sul punto di morte ma colmo d’odio e disperazione. Brucia ancora lo smembramento degli Avengers dopo Captain America: Civil War. Il primo confronto tra i due, riuniti dopo l'annientamento degli Avengers, è ricco di rabbia: se il Capitano non avesse dato retta alla sua morale, forse gli eroi della Terra sarebbero rimasti uniti contro Thanos, forse ci sarebbe stata una possibilità. Il seme del dubbio e del malcontento viene sputato in viso da Iron Man, ma condiviso da tutti. Da War Machine a Bruce Banner, da Nebula a Thor, dalla Vedova Nera allo stesso Capitan America, tutti loro vivono il primo atto di Endgame a capo chino, in lutto.


All’apice di questa cronaca del fallimento, la distruzione dell'ultima speranza: le Gemme dell’Infinito vengono polverizzate da Thanos, in un barbaro gesto di spregio. Gli Avengers, increduli, vedono svanire anche l’ultima possibilità di redenzione, ventuno giorni dopo lo Schiocco. La frustrazione diventa collera e il Titano Pazzo, impotente, viene decapitato dalla Stormbreaker di Thor.L’ira del Dio del Tuono chiude il primo atto del film con una vendetta incredibilmente vuota. Lo spettatore è frastornato, non ha mai visto i suoi eroi in questa drammatica condizione. Dal momento più basso mai raggiunto dagli eroi, Avengers: Endgame salta nel futuro di ben cinque anni.
Tony Stark e Pepper Potts hanno messo su famiglia, genitori di una bellissima bambina. Bruce Banner ha trovato l’equilibrio, riuscendo a diventare un intelligentissimo, pacato Hulk. La Vedova Nera osserva ciò che resta del mondo come faceva Nick Fury. Il Wakanda resiste, lo spazio profondo porta ancora problemi, così come Clint Barton, Occhio di Falco, diventato un vigilante letale, lacerato, corrotto dallo Schiocco di Thanos. Capitan America è tra la gente, gli ultimi rimasti di quello che sembra un pianeta fantasma. Gli Avengers sono irrimediabilmente feriti, divisi, con poco da dirsi - il nome di Thanos, anni dopo, spezza ancora il fiato in gola. Una ferita che può essere rimarginata solo ammettendo di essere vulnerabili e tremendamente soli.

Nel silenzio assordante, un fascio di raggi quantici libera Ant-Man dalla sua prigione: non sa cosa sia successo, non sa chi sia Thanos, ma è vivo ed ha un piano per sconfiggerlo. Il ritorno di Scott Lang sa di deus ex machina, di casuale. Nella maniera piú fumettosa possibile, Ant-Man rappresenta l’eroe giusto al momento giusto, con l’escamotáge narrativo giusto: il viaggio nel tempo.

Avengers: Endgame si concede dunque una via di fuga, una soluzione impossibile, impensabile ma conveniente, in grado di cambiare il corso del film. I Russo, così come gli sceneggiatori Christopher Markus e Stephen McFeely, ammettono di star esponendo il fianco in una sorta di curioso commentario meta-testuale. Ritorno al Futuro diventa un parallelo dentro e fuori la pellicola e non ci vorrà molto prima che le spiegazioni e le soluzioni dei geni scientifici e magici della storia ricordino le divagazioni ultra-semplicistiche (ma efficaci) di Doc Brown. Per sconfiggere Thanos, bisogna viaggiare indietro nel tempo attraverso il Regno Quantico, recuperare le Gemme dell’Infinito in momenti salienti della loro storia e riportare l’universo a com’era prima dello Schiocco. Il tutto, ovviamente, senza interferire sul corso naturale degli eventi, senza entrare in contatto con i sé del passato, riportando le Gemme al loro punto d’origine non appena compiuto il misfatto.


Queste regole vengono infrante in un battito di ciglia, nonostante tutti gli avvisi e le precauzioni, le migliori intenzioni. Il secondo atto di Avengers: Endgame potrebbe essere stato diretto da Robert Zemeckis in persona senza che nessuno se ne accorgesse. Come anticipato, la formula á la Ritorno Al Futuro cattura il film e porta lo spettatore a rivivere vecchi film da un’altra prospettiva - e se la trama sembra progredire per tappe obbligatorie che sembrano ridondanti, nello stesso momento il film diventa più “Avengers”. L’aria funerea del primo atto viene messa da parte e le dinamiche del Marvel Cinematic Universe, le sue caratteristiche fondamentali tornano protagoniste con una certa prepotenza.

Il termine “prepotenza” non è casuale. Questa allegria caciarona ed eroica, come già detto tipica del Marvel Cinematic Universe, sembra vuota, imposta. Gli eventi si susseguono in maniera necessaria, macchinosa e lenta. Un controsenso, ma per quanto sia divertente, la seconda ora di Avengers: Endgame sa di routine, impreziosita da qualche chicca. Si viaggia tra Avengers, Guardians Of The Galaxy, Thor: The Dark World. Come Marty McFly che osserva se stesso suonare Johnny B. Goode, gli Avengers hanno una prospettiva diversa sul loro passato ma lo spettatore rivive un episodio già visto.

Sulla struttura sovraimposta e sullo schema “classico” del viaggio nel tempo vengono iscritte nuove sfumature di personaggi che lo spettatore ha imparato a conoscere. Grazie a questo Ritorno al Futuro in salsa Marvel, possiamo osservare quanto questi personaggi siano maturati nel tempo. Grasso, suscettibile e ipersensibile, incapace di reagire agli eventi, Thor cade in lacrime tra le braccia della madre che non è riuscito a salvare; le sue parole amorevoli risvegliano il Dio del Tuono dal torpore, neanche i suoi errori possono nascondere l’eroe in lui. Nebula affronta suo padre e sua sorella, Thanos e Gamora: per la prima volta, la figlia imperfetta del Titano Pazzo ha modo di rimediare ad una infanzia nera, tempestata di odio e morte.
Tony Stark ha una lunga chiacchierata con il padre Howard - una discussione che tocca corde inedite per il personaggio e lo mette in nuova luce, sottolinea le responsabilità da padre che Iron Man ha assunto in questo film e, anche qui, permette ai personaggi sotto esame di far pace col proprio passato. Il peso degli anni e delle responsabilità raggiunge Clint Barton e Natasha Romanoff, quest’ultima costretta al sacrificio finale. Una morte necessaria, una strada intrapresa “ad ogni costo”, pur di ottenere la Gemma dell’Anima, intrappolata su Vormir nel passato.


La morte della Vedova Nera viene posta sull’altare, in chiusura di questa seconda parte di Endgame, che nasconde molto più di quanto si possa credere. Complicati e innecessari ragionamenti sui viaggi nel tempo, azione e risate in superficie custodiscono introspezione, dramma ed evoluzione caratteriale sullo sfondo. Sebbene la trama di Avengers: Endgame non si stacchi dalla struttura in tre atti (Antefatto, Sviluppo e Risoluzione), il film dimostra uno spessore considerevole quando viene messo sotto la lente d’ingrandimento e vissuto tramite i propri protagonisti.
Nel frattempo, lo spettatore freme. Desidera fortemente che qualcosa lo scuota, che tutto si compia il prima possibile, che il piano riesca così da mettere in moto la vera e propria fine dei giochi. Con il Guanto dell’Infinito tra le loro mani ed il suono di un nuovo schiocco di dita, gli Avengers rimediano ai loro sbagli e la vita torna in tutto l’universo.

Saltando avanti ed indietro nel tempo, i fratelli Russo hanno aperto interessanti falle nel tessuto spazio-temporale. Una conseguenza naturale, un male necessario di questa formula narrativa sotto certi aspetti. Da questi buchi nel continuum, riemerge il Titano Pazzo. Thanos è tornato dal passato, a capo di una flotta invincibile. Come Biff Tannen nel 1955, ha visto il futuro, una realtà radiosa che marca la sua vittoria - che raggiungerà ad ogni costo. Ventuno film e due ore dopo,Avengers: Endgame può finalmente cominciare - preamboli alle spalle, McGuffin magici recuperati e miracoli avvenuti.

Il ritorno di Thanos rende impossibile ed impraticabile qualsiasi discorso logico riguardo il terzo ed ultimo atto del film. L’oggettività viene scagliata con violenza fuori dalla finestra. L’analisi critica lascia il posto ad un’irresistibile frenesia, un furor che costringe lo spettatore a piantare le unghie nella poltroncina in sala. Eccolo, il momento in cui tutto cambia - eccolo, il momento che si è fatto tanto attendere. La visione d'insieme costruita in dieci anni prende forma in questo preciso momento. Anthony e Joe Russo lo sanno, Christopher Markus e Stephen McFeely lo sanno, così come Robert Downey Jr., Chris Evans, Josh Brolin, Chris Hemsworth. Tutti lo sanno.
Endgame diventa un altro film.



All’improvviso, tutto si fa veloce, elettrizzante e bellissimo. La colonna sonora di Alan Silvestri accoglie Mjölnir, in volo sul grugno di Thanos, rimbalzando sullo scudo di Capitan America, giostrando con i laser di Iron Man. La potenza, la furia del nemico definitivo degli Avengers si manifesta in tutta la sua cattiveria. Il film respira, il campo di battaglia si allarga e restringe. L’immagine di Capitan America, con lo scudo spezzato, da solo contro l’esercito di Thanos lascia senza parole. Vederlo impugnare il martello di Thor scioglie il nodo alla gola, un urlo di gioia. Uno dopo l’altro, tutti tornano in aiuto del Capitano, di Iron Man e Thor. Ant-Man, Wasp, Scarlet, il Dottor Strange, Spider-Man, Pantera Nera, Capitan Marvel, i Guardiani della Galassia. Dopo dieci lunghi anni, Steve Rogers osserva portali magici aprirsi alle sue spalle e il ragazzo gracile di Brooklyn guida gli Eroi Più Potenti della Terra alla riscossa, al grido “Avengers, uniti!”.
La sublimazione del fanboy è finalmente compiuta.


È la “Battaglia Finale” definitiva, uno spettacolo mai visto prima su schermo. L’unico futuro (su 14.000.605 che Strange osservò alla fine di Infinity War) si realizza di fronte agli occhi dello spettatore - eppure Thanos sembra ancora insormontabile. La sconfitta ineluttabile si riaffaccia alla porta. Il sacrificio definitivo dei fratelli Russo e del Marvel Cinematic Universe cade sulle spalle di Iron Man. Il personaggio che nel 2008 aprì l’universo condiviso è costretto, idealmente, a chiuderlo. L’ultimo schiocco di dita di Endgame segna la morte di Tony Stark e la vittoria definitiva. Ad ogni costo, anche il più pesante, anche il più drammatico.


Le Gemme dell’Infinito vengono distrutte per sempre. Il mondo torna alla normalità, l’universo ritorna a vivere. Avengers: Endgame piange i caduti, l’Universo Cinematografico Marvel piange la perdita del suo simbolo. Non solo: i fratelli Russo ci tengono a chiudere tutte le trame lasciate in sospeso e anche per Capitan America è tempo di appendere il costume al chiodo. L’ultimo viaggio nel tempo del film trascina Steve Rogers tra le braccia di Peggy Carter per vivere la vita che non ha mai vissuto, felice, lontano da mille battaglie. Lo scudo passa nelle mani di Sam Wilson, Falcon, aprendo inediti spiragli per il futuro.
Servirebbe un’altra ora di pellicola per dare un epilogo ad ogni personaggio.

Coronazione e chiusura di dieci anni di storie, Avengers: Endgame butta il cuore oltre l’ostacolo. I difetti “umani” della pellicola vengono eclissati dall’emozione, dalla imponente scala degli eventi, dalla sensazione di far parte di questo Universo Cinematografico. Il pubblico vive la battaglia finale al fianco dei propri eroi - l’epica sempiterna e moderna del supereroe diventa la colonna portante di Endgame, in barba alle confuse meccaniche dei viaggi nel tempo che possono stuccare. “Il film con i supereroi” ha accompagnato una generazione di spettatori, ha avuto il coraggio di mostrare i propri protagonisti cadere e, soprattutto, ha avuto l’audacia di farli rialzare. Infinity War ed Endgame hanno spiegato perfettamente perché questo tipo di film funziona - e perché i supereroi continueranno a funzionare.
Sono la prova del nostro cuore, delle nostre vulnerabilità e di cosa siamo disposti a fare pur di accettarle e diventare più forti, umani, eroi.

Fabrizio Nocerino


Le locandine e le illustrazioni inserite nel post sono ad opera di: Skinner Creative, BossLogic, Gabriele Dell'Otto.

Eroi in crisi #1

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RW Lion porta in Italia Eroi in Crisi, il nuovo evento/non evento DC Comics, una storia tra il thriller, l'action e il noir, incentrata su un misterioso omicidio che coinvolge, almeno inizialmente, Batman, Superman, Wonder Woman, Harley Quinn e Booster Gold.

I primi due episodi (di 9), con Tom King ai testi e Clay Mann alle matite, segnano l'esordio del Rifugio (Sanctuary, in originale), luogo segreto in cui i supereroi si recano per affrontare il disturbo da stress post-traumatico derivante dagli eventi catastrofici e violenti che vivono quotidianamente.
In tal modo Tom King prosegue nella sua operazione sistematica di introdurre elementi altamente realistici, come le effettive conseguenze psicologiche delle azioni ma anche l'estrema umanizzazione nella caratterizzazione dei personaggi, calandole in contesti supereroistici.


"Credo che presentando gli ostacoli, i rischi e la sofferenza degli eroi mostriamo quanto profonde e potenti siano davvero le loro azioni"

ha affermato lo sceneggiatore in proposito, analizzando le riflessioni che lo hanno portato a scrivere queste pagine. 



King si dimostra ancora una volta capace di non farsi ostacolare dalle tutine colorate che possono indurre ilarità e leggerezza, riuscendo anzi a riempirle di uomini, donne, persone spesso tormentate da rimorsi, afflitti da stress, colpiti da difficoltà di ogni tipo. E anche quando salvano interi mondi o sventano attentati terroristici, restano "soltanto" delle persone con le loro fragilità, sulle quali quel tipo di eventi lascia spesso segni molto profondi. Se questo lavoro si percepisce tantissimo tra le pagine di Batman e Mister Miracle, qui diventa corale, assume proporzioni maggiori, supera i confini del singolo e si dimostra patologia alla quale tanti sono soggetti. Anche (e forse soprattutto) quelli che chiamiamo eroi. 


La lettura è profonda, i dialoghi intensi anche quando ridotti all'osso e i monologhi, le confessioni dei personaggi al Rifugio sono semplicemente drammatici. King frammenta la narrazione con uno strumento che padroneggia ormai con destrezza (come dimostrato sulle pagine di Mister Miracle): la gabbia a nove vignette di kirbyana memoria. Utilizzata a mo di confessionale, per "ingabbiare" e tenere al sicuro le confessioni più intime e libere dei vari personaggi, assume un valore simbolico e fortemente narrativo, intervallando le sequenze narrative, frammentando il racconto in capitoli nei capitoli, punto e virgola tra storie parallele che scopriamo gradualmente.


Il segno di Clay Mann è attento a dare un tono maturo e intenso alla storia. I nostri eroi indossano i loro costumi classici, anche la stessa Harley Quinn abbandona la mise "cinematografica" quasi a portare la storia fuori da un tempo definito, a non guardare necessariamente le figure dell'olimpo DC nel loro status attuale ma mirando invece alla loro iconicità, alla loro essenza e, andando oltre, all'essenza dell'eroe e quindi dell'uomo/donna/essere vivente che lo impersona.



Mentre cerchiamo di schivare gli spoiler derivanti dalla pubblicazione americana (che sta per concludersi) attendiamo l'uscita del prossimo numero con trepidazione, soddisfatti dal livello non banale raggiunto da testate fumettistiche che raccontano sempre più delle complessità tutte umane, nonostante il contesto di fantasia.
Il Sommo e Il Fosco 

p.s. Curiosità dalla prima vignetta di EROI IN CRISI


EROI IN CRISI #1
Tom King, Clay Mann, Tomeu Morey

Formato: 16,8x25,6 
Pagine: 64 
Colore: Colore 
Caratteristiche: Spillato

Amianto Comics presenta: Il Cerchio di Ferro

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Una "pop novel" oscura realizzata da due giovani fumettisti


Il nuovo volume prodotto da Amianto Comics, dopo Whoop - A Fistful of Bananas e G.I.A.D.A., si muove in un contesto che spazia tra l'hard boiled e il fantasy/horror, concludendo un trittico di storie che ha ripercorso alcuni noti generi narrativi, lasciando libero spazio all'interpretazione autoriale.



Il Cerchio di Ferro racconta una Los Angeles anni 50 magica e oscura, teatro in cui si concretizzano gli incubi del protagonista, Jacob Laminski, pittore e reduce di guerra. La ricerca della figlia della sua unica amica conduce Laminski su una strada tenebrosa e terribile, a stretto contatto con il sovrannaturale.

I due giovani autori, Jordan Casarini e Simone Perlina, realizzano una graphic novel (o "pop novel", come amano definirla gli amiantici) al tempo stesso classica e innovativa, che reinterpreta gli stilemi tipici dei generi di riferimento. Alcune svolte della trama risultano perciò lievemente prevedibili per un lettore avvezzo a cinema e letteratura di questi contesti, pur mostrando la narrazione decise potenzialità, soprattutto nell'esposizione dei pensieri personali del protagonista.


Visivamente sono alquanto riconoscibili influenze che vanno dal Frank Miller di Sin City all'Eduardo Risso di 100 Bullets, passando per l'immancabile venatura gotica à la Mike Mignola. Uno stile in parte ancora un po' acerbo ma decisamente adatto per il mood che caratterizza la storia.

Luci e ombre per una piacevole lettura alternativa al solito mainstream.
Il Sommo Audace



Amianto Comics presenta: Il Cerchio di Ferro

Testi: Jordan Casarini
Disegni: Simone Perlina

Amianto Comics, 2019

Aveva l'inchiostro nelle vene: seconda stagione - Episodio 3

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E di tutto il sogno...


Dopo una pausa di alcuni mesi, torna sul nostro blog la seconda stagione di Aveva l'inchiostro nelle vene, la serie di tavole inedite realizzate da Emilio Battiato appositamente per noi, nelle quali indaga il ruolo del fumettista e il suo rapporto con i personaggi e con il mondo della Nona arte.

Testi e disegni: Emilio Battiato

Non è certo facile per un disegnatore rappresentare "mostri sacri". Eppure, prendendosi una pausa momentanea dai character Marvel (dei quali è in programma il ritorno nel prossimo episodio, a conclusione di un'ideale trilogia), qui Emilio Battiato sceglie di coinvolgere nel suo format sognante e onirico uno dei personaggi più rappresentativi e riusciti della letteratura disegnata nostrana (e non solo) di tutti i tempi: Corto Maltese.

Corto Maltese, Hugo Pratt.

Vi mostriamo come sempre alcuni studi preparatori della tavola, un vero e proprio work in progress per addentrarsi nel processo di lavorazione.






Link:
Pagina Facebook de Gli Audaci: www.facebook.com/gliaudaci/
Pagina Facebook di Aveva l'inchiostro nelle vene: www.facebook.com/avevainchiostronellevene/

BGeek Countdown: le mostre di Maicol&Mirco, Fortunato, Lacavalla e Vilella

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Fumettisti in mostra per il BGeek Countdown in Officina Degli Esordi


BGeek 2019, il Festival dell'Immaginazione in programma l'1 e 2 giugno prossimi presso la Fiera del Levante, per questa nuova edizione dedica tutta una serie di iniziative “off” come mostre, proiezioni o masterclass, che anticipano di qualche giorno l’inizio della due giorni di eventi.

Queste manifestazioni si protrarranno anche dopo la chiusura del geek fest, come la mostra delle opere di alcune firme forti del fumetto italiano che prevede tavole e disegni de Gli Scarabocchi di Maicol&Mirco, Alessio Fortunato, Sebastiano Vilella e Maurizio Lacavalla, inaugurata il 24 Maggio negli spazi del laboratorio urbano barese Officina Degli Esordi.
L'evento, ad ingresso gratuito, è nato dalla collaborazione di BGeek con SPINE Temporary Small Press Bookstore.





Odessa #1

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L'esordio della nuova serie science-fantasy Bonelli


Il primo albo di una nuova serie Bonelli è sempre un evento da tenere d'occhio, per noi Audaci ma anche per ogni appassionato di fumetti in generale.
Non sempre indicativo della portata globale della serie in esordio, spesso però il numero uno può fornire spunti quanto meno per far capire al lettore se la storia può essere o meno nelle proprie corde.

(Spoiler: noi continueremo a leggerla anche nei prossimi mesi!)





"Il luogo in cui sei nato... Dove non puoi fare a meno di continuare a vivere."

Dopo la breve introduzione del numero zero (allegato a Nathan Never #336 e a Dragonero #73 e distribuito in alcune fiere e in diverse fumetterie italiane in questi giorni), questo primo numero, realizzato da Davide Rigamonti Matteo Resinanti con una cover di Mariano De Biase, racconta la genesi del mondo di Odessa. Quando l'astronave Serraglio 457, unità di deportazione che si muove tra stelle, perde la propria rotta, la città di Odessa viene sconvolta dal cosiddetto "Giorno della Fusione". Centinaia di specie provenienti dall'intera galassia si trovano a vivere in un luogo circoscritto del pianeta Terra.
Il lettore si trova cosi a osservare questa singolare ambientazione attraverso gli occhi del protagonista, Yakiv Yurakin, il quale incarna appieno, anche fisicamente, il concetto di fusione e la necessità di far convivere anime diverse anche nello stesso corpo.
A cavallo tra passato e presente, Yakiv e i suoi amici ci fanno rivivere il misterioso momento in cui la realtà è cambiata (il già citato "Giorno della Fusione", insomma) e ci introducono al variegato e intrigante contesto narrativo, luogo dove i mondi, i popoli e le razze si incrociano e si fondono (letteralmente).


Il world building di Odessa sembra essere stato un processo lungo e difficoltoso, a giudicare dalle dichiarazioni degli stessi autori e dal risultato, molto interessante.
Leggendo l'albo si intuisce che la storia può essere portata avanti in vari modi e si intravedono diverse sfumature che possono essere approfondite nel corso dei mesi. È un contesto che stimola la fantasia del lettore: un crocevia di destini e di modi di vivere dove la diversità diventa la norma.
Un messaggio forte, attuale, fortemente radicato nel genere fantascientifico ma altrettanto collegato alla nostra realtà quotidiana. E qui risiedono la forza e le potenzialità di questo progetto nato dalle menti di Antonio Serra, co-creatore di Nathan Never qui in veste di "executive producer", e dello stesso Rigamonti, autore già noto a molti lettori proprio per le sue sceneggiature per la serie dell'Agente Speciale Alfa, in collaborazione con il disegnatore Mariano De Biase, che si è occupato dell'ideazione visiva dei personaggi e delle ambientazioni, nonché delle copertine e dei colori.

Alle matite Matteo Resinanti compie un buon lavoro, ben coadiuvato da una colorazione che rende variopinto, variegato ed accattivante il mondo di Odessa (esattamente quello che, a nostro parere, dovrebbe essere).

Un inizio decisamente promettente e, se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, è lecito attendersi grandi cose da questa serie che mescola abilmente fantascienza, fantasy e avventura.

Il sommo audace



ODESSA #1
"DOPO LA FUSIONE"
Data di pubblicazione: maggio 2019
Sergio Bonelli Editore

Soggetto e sceneggiatura: Davide Rigamonti
Disegni: Matteo Resinanti
Copertina e colori: Mariano De Biase

Tutte le immagini © 2019 Sergio Bonelli Editore. 

BGEEK 2019 - Il Festival dell'Immaginazione

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Letture audaci #24

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Capitan America #6, Babyteeth vol. 2, Gli indesiderati
Rieccoci a voi con le nostre Letture Audaci: brevi pareri su fumetti di recente uscita.
In questa puntata, con il solito approccio variegato, spazieremo del sesto numero di Capitan America, una serie di indubbio interesse sceneggiata da Ta-Nehisi Coates, al secondo volume di Babyteeth, in cui prosegue la saga surreale e sovrannaturale sceneggiata da Donny Cates (pubblicata negli States da AfterShock), e infine - last but bot least - parleremo brevemente de Gli indesiderati, intensa opera firmata da Piero Macola per Oblomov.
Come sempre, non ci resta che augurarvi buone letture!

Capitan America #6 (110) di Ta-Nehisi Coates e Leinil Yu (Panini Comics)

In questo capitolo di Capitan America la definizione delle nemesi è interessante e la trama si apre a nuovi sviluppi. Ai disegni, lo stile asciutto di Leinil Yu non dispiace ma senza entusiasmare fino in fondo, in confronto a tante prove del passato, meglio curate e rifinite.
Ci preme comunque sottolineare che affidare la serie a un autore come Ta-Nehisi Coates è già un evento di per sé, considerando l'impegno dello scrittore nel contesto socioculturale statunitense.
Non a caso,
Inverno in America è una storia cosparsa di un sottotesto che contribuisce a renderla intrigante e a compensare in parte una certa difficoltà a ingranare, soprattutto nei capitoli iniziali. 
È indubbia la qualità dei testi, fortemente politici, attuali e metaforici (per quanto il racconto sia ambientato in un universo fatto di persone con poteri magici e tute colorate).
La nota stonata, probabilmente, risiede nella foliazione ristretta degli spillati, che non permette di entrare nel vivo di una storia impostata in un certo modo, che termina puntualmente proprio nel momento in cui ti stai accanendo a leggerla. 
Riletta dopo aver accumulato un po' di numeri, a ciclo completo, potrebbe dare impressioni differenti e permetterle forse di essere apprezzata maggiormente.


Maleducazione - Babyteeth vol. 2 di Donny Cates e Garry Brown (SaldaPress)

Nel percorso di recupero delle opere (più o meno mainstream) dello sceneggiatore Donny Cates, ci siamo soffermati su Babyteeth, serie dal genere non facilmente definibile (horror/fantasy?) e dai risvolti sovrannaturali e a tratti surreali, con un linguaggio sostanzialmente esplicito. Pubblicata negli States da AfterShock e in Italia da saldaPress, con questo volume la caratterizzazione degli schieramenti in campo e il racconto del destino del piccolo Clark e di sua madre Sadie iniziano ad assumere connotati più definiti e appassionanti.
La serie è frutto della collaborazione tra Cates e Garry Brown, disegnatore che non ci entusiasma particolarmente, nel suo essere spartano e nel lesinare la cura per i dettagli e le ambientazioni a favore di una sintesi a tratti persino estrema.
Insomma, un'opera globalmente interessante ma che ci convince un po' meno rispetto all'altra testata di Cates pubblicata da SaldaPress, Redneck (della quale torneremo prossimamente a parlare).


Gli indesiderati di Piero Macola (Oblomov Edizioni)

Con Gli indesiderati (Les Nuisibles, pubblicato in Francia da Futuropolis e da noi da Oblomov) Piero Macola realizza una storia di rara intensità, che narra l'incrocio delle vite di due persone sole e invisibili, tra la nebbia in Val padana e la condizione esistenziale di essere considerati tra gli ultimi. 
Il segno di Macola, le matite, le scelte per il layout e la cura per le ambientazioni, dietro un'apparente semplicità celano un lavoro di ricerca artistica notevole, che contribuisce a rendere questo volume una lettura decisamente suggestiva, con momenti di pura poesia.


Il Sommo (con il contributo del Fosco)



Arrivederci alla prossima puntata!

Preview: Hell Cross vol. 1 (Cut-Up Publishing)

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Hell Cross è così bizzarro, violento, sfrenato, divertente, creativo e spettacolare che vi farà girare la testa. Stefano Cardoselli è un artista straordinario e con Andrea Amenta ha creato uno dei fumetti più anticonvenzionali mai visti fino a oggi. Allacciate le cinture e tenetevi stretti, state per entrare a Eden City.
Stefano Fantelli

Comunicato stampa

Hell Cross vol. 1 (Cut-Up Publishing)

Travis J. Pride, detective veterano della polizia metropolitana di New York – uno scorbutico alcolizzato che ha appena perso il figlio – viene inviato a risolvere i delitti che stanno scuotendo l'apparente paradiso di Eden City. Marchiate come bestie e poi macellate e crocifisse, accanto a citazioni bibliche in latino scritte col sangue, le vittime sono i dirigenti della Eden Corporation, l’onnipotente multinazionale dei padri e padroni di Eden, la città perfetta per affari perfetti. Tutti i desideri si possono realizzare, a Eden, tutto è permesso. Tranne l'omicidio. È una notizia che non deve trapelare dalle mura della città: le perdite per l’azienda sarebbero incalcolabili, l'intero Sistema Eden collasserebbe. E questo è proprio l'obiettivo della Confraternita: una setta fanatica guidata dal Diacono, enigmatico gigante muto che parla attraverso un portavoce a lui collegato tramite una strana macchina. I fedeli sono convinti che Eden debba bruciare, insieme a ogni falso Dio che l'ha eretta. Per mano del prescelto: Frank, un killer spietato e brutale con la bocca letteralmente cucita, l'uomo perfetto per il loro piano. Un uomo dotato di una forza sovrumana, che sembra camminare attraverso i muri… ma Travis scoprirà ben presto che niente, a Eden City, è quello che sembra.





HELL CROSS
Cut-Up Publishing 
Volume 1 (di 3): La strada dell’Inferno è lastricata di buone intenzioni
STEFANO CARDOSELLI – ANDREA AMENTA

17x24, 128 pagine a colori, brossurato con alette
Prezzo: € 15,90
EAN: 9788895246550

http://stefanocardoselli.wix.com/stefanocardoselli-
https://www.facebook.com/stefanocardoselliartista

Il piccolo palcoscenico di Mercurio Loi

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Ovvero: il fumetto secondo Onofrio Catacchio e Alessandro Bilotta


Durante l'ottava edizione del BGeek, festival dedicato al potere dell'immaginazione che si è tenuto a Bari presso la Fiera del Levante l'1 e 2 giugno, sono state presentate alcune mostre, sia all'interno del Padiglione nuovo che ospitava l'evento che in spazi allestiti appositamente all'esterno (ad esempio, presso Spine Bookstore).
Una di queste mostre era incentrata su Mercurio Loi e in particolare su Il piccolo palcoscenico, terzo numero della serie regolare Bonelli (da noi recensito qui), piccolo–grande gioiello di narrazione meta letteraria che rappresenta anche il primo frutto del sodalizio artistico tra due autori che hanno lasciato una forte impronta nella storia recente della Nona arte in Italia: Alessandro Bilotta e Onofrio Catacchio.


Onofrio Catacchio e Alessandro Bilotta parlano di fumetto, narrazione e poesia
tra le tavole de Il piccolo palcoscenico.

In esposizione molte tavole tratte dall'episodio (recentemente ristampato in edizione cartonata da libreria), nella versione originale in bianco e nero di Catacchio, dunque prima della colorazione dell'albo, realizzata da Erika Bendazzoli. A corredo, la didascalia contenente la sceneggiatura di Bilotta per le tavole in mostra, in modo da addentrarsi nel processo creativo e seguire le fasi di lavorazione della storia.

Nella recensione dell'albo, pubblicata a suo tempo sul blog, ci esprimevamo come segue:
"Ancora una volta Bilotta gioca con i suoi personaggi e con il mirabile intreccio della storia si diverte a depistare i suoi lettori, portandoli a confondersi tra realtà e apparenza, fino a perdersi, irrimediabilmente.
Riuscitissima in questo senso l’intuizione bilottiana di raccontare alcune delle parti più importanti della storia attraverso l’ausilio delle marionette di Augustino: il lettore così, spiazzato e incantato al tempo stesso, non può essere certo se quello che vede scorrere davanti ai suoi occhi sia finzione teatrale, realtà umana o, se vogliamo esagerare, finzione umanamente consapevole."


Una storia insomma che, sin dal titolo e dalla cover, parla della narrazione, della rappresentazione della realtà e del confine a volte molto ristretto tra essere protagonisti inconsapevoli ed essere attori consci del proprio ruolo sul palcoscenico della vita.

Parlando della genesi della storia, Bilotta ha raccontato che aveva sceneggiato una ventina di pagine prima che la storia fosse assegnata a Catacchio, il quale ha messo "in stand by" la lavorazione di un episodio di Nathan Never per dedicarsi a Mercurio Loi e iniziare così la sua collaborazione con lo sceneggiatore romano.
Secondo Bilotta non poteva esserci disegnatore più adatto per questa storia, vista anche la sua attitudine a rendere l'espressività dei personaggi.

Catacchio ha raccontato di aver avuto necessità di realizzare alcune pagine all'inizio prima di prendere davvero le misure dei personaggi e del tipo di storia che stavano raccontando.

Secondo Catacchio, lo sceneggiatore romano ha un modo di scrivere molto evocativo e in genere lascia molta libertà al disegnatore di "giocare" con i piani, non essendo uno sceneggiatore troppo tecnico nel fornire indicazioni al disegnatore.

Osservando le tavole, si nota come siano state "progettate" in funzione del colore: ad esempio, Catacchio ha lasciato dei bianchi accecanti che poi potevano diventare atmosfere notturne grazie all'apporto della colorista.


Catacchio ha paragonato la storia e il suo approccio meta narrativo a quello di Ici Même (in Italia inizialmente tradotto con Il paese chiuso), graphic novel dei francesi Jean-Claude Forest e Jacques Tardi: un personaggio corre sui muri di una proprietà divisa in lotti e i muri che dividono i lotti sono i bianchi tra le vignette. Una storia bellissima, secondo l'artista barese, che è in realtà una storia sul fumetto, sul vincolo che c'è nello spazio bianco fra le vignette.

Il terzo episodio di Mercurio Loiè stato importante sia per nell'ottica della serie (un vero e proprio "spartiacque", secondo Bilotta), in quanto ha permesso di iniziare ad affrontare temi e percorsi che sarebbero diventati centrali nei numeri a seguire, sia per gli autori stessi: Catacchio ha raccontato infatti di aver fatto tesoro del lavoro realizzato per Il piccolo palcoscenico in termini di espressività e recitazione dei personaggi anche nei suoi lavori successivi.

Come segnalato nel testo introduttivo della mostra, "Il piccolo palcoscenico è un terreno di incontro in cui Catacchio e Bilotta non delineano soltanto una storia, ma tutta una concezione della narrazione a fumetti e del mondo intero. Qual è la sottile linea che passa tra la realtà e la narrazione? È possibile per noi esistere senza far parte di una storia? Sono alcuni dei quesiti esistenziali posti dalle tavole in mostra".
In effetti i due autori, nel corso dell'evento di presentazione della mostra, hanno avuto terreno fertile per approfondire il loro modo di intendere il fumetto e la narrazione in generale.
In particolare, molto importante risulta il coinvolgimento del lettore nelle storie: non un intrattenimento passivo ma una richiesta di partecipazione attiva per entrare a far parte del processo creativo e comprendere fino in fondo il senso profondo del racconto.


Alessandro Bilotta si immerge nelle tavole originali de Il piccolo palcoscenico.

Catacchio ha aggiunto che spesso, anche parlandone con i suoi alunni durante i corsi di fumetto, si trova a rievocare alcuni elementi fondamentali, ovvero il concetto che il fumetto si basi su tutta una serie di parametri come il tempo: quanto tempo si riesce a tenere incollato il lettore a leggere una storia e che ritmi avrà nella lettura?
Secondo Bilotta, è anche e soprattutto il lettore a poter scandire il tempo, persino tornare indietro nella lettura (concetto possibile nel fumetto e non nel cinema, ad esempio). Nella sua idea di nona arte, l'autore è al servizio del lettore, considerato come una sorta di entità superiore, più intelligente, che va "nutrito" e che si troverà a gestire quello che gli autori producono.

Riguardo la concezione di fumetto in generale, sia Bilotta che Catacchio sono partiti dall'assunto che il fumetto e il cinema siano molto meno "parenti" di come vengono comunemente considerati: l'elaborazione mentale richiesto al lettore consiste nel mettere assieme le sequenze di vignette, un lavoro attivo. Bilotta ha suggerito che il linguaggio del fumetto si comprende fino in fondo se si associa il fumetto stesso a uno spartito: le scansioni in vignette rappresentano le battute, poi in base a quanto vengono allungate o accorciate si fornisce un tempo di lettura (dunque la dimensione di una vignetta lunga o grande serve a dare una scansione metrica, più che a fornire l'idea di oggetti in movimento).


Parlando di progetti futuri, Bilotta e Catacchio hanno infine aggiunto di essere rispettivamente al lavoro su due progetti separati: Eternity, nuova serie per la collana Audace Bonelli, e una graphic novel biografica incentrata su Jackson Pollock, tra finzione e realtà.

L'evento si è dimostrato insomma denso di contenuti e di spunti, forniti da due autori che hanno dato (e siamo sicuri continueranno a dare) tanto al mondo della letteratura disegnata.


Il sommo audace 
(con il fondamentale contributo degli Audaci)

Foto di Vitantonio Fosco.
Mercurio Loi: © 2019 Sergio Bonelli Editore.

Ada di Barbara Baldi

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Il coraggio di resistere


Ho appena finito di leggere Ada di Barbara Baldi, volume edito da Oblomov. Ne sono rimasta davvero affascinata.


Ripercorrendo un po' la carriera dell'autrice, ho appreso che ha vinto nel 2018 il premio Gran Guinigi di Lucca Comics come miglior disegnatrice. I suoi disegni lasciano in effetti senza fiato e ti impediscono di smettere di leggere il racconto per l’incanto della bellezza delle tavole che scorrono sotto gli occhi.
Del resto, anche la sua protagonista, Ada, ama disegnare ed è proprio attraverso quel poco di tempo che si ritaglia di nascosto da suo padre, che riesce a vincere tutte le angherie che è costretta a sopportare da quando la madre li ha abbandonati per andarsene con un altro uomo.

Il volume di Barbara Baldi è dedicato “A chi resiste”: Ada ci riesce rifugiandosi in una casetta vicino al bosco dove tiene nascosta tutta l’attrezzatura per pitturare. Quando non ha i colori cerca di realizzarli aiutandosi con ciò che le offre la natura. Siamo in Austria nel 1917. Ada è un’adolescente costretta a vivere in un bosco nei dintorni della capitale. Suo padre è il classico padre padrone che la tratta da serva, da taglialegna, da garzone, facendola lavorare dalla mattina alla sera. Sembra farle scontare le colpe della madre che li ha lasciati soli. Non vuole che abbia nessun affetto e cerca di cacciare di casa anche Gertha, il cagnolino a cui Ada si è affezionata. Ma Ada è decisa a resistere e cerca conferme sulla sua passione rivolgendosi ad un giovane che ha conosciuto prima della guerra, quando andava ancora a scuola. Costui gestisce in città un atelier dove espone i quadri di alcuni noti pittori contemporanei. Un giorno, di nascosto a suo padre, Ada si reca a Vienna e porta con sé i suoi disegni e… (non vi tolgo il gusto di scoprire come va a finire leggendo il volume!).


Questa storia è un incoraggiamento a lottare per ciò in cui si crede, cercando di non lasciarsi sopraffare da chi pretende di essere padrone della nostra vita.
Faccio i miei complimenti all’autrice per i suoi splendidi disegni, realizzati con tecniche miste di acquerello e matite e con rielaborazioni digitali. Sia la luce dei paesaggi che si esprime in questo bosco con il rinnovarsi delle stagioni, sia la figura di Ada e dei personaggi che la circondano, dimostrano una bravura di disegno e realizzazione come ce ne sono poche. Ogni vignetta potrebbe essere un quadro a sé stante che non ti stanchi di guardare. Io infatti ho già sfogliato più volte questo volume e consiglio vivamente a tutti di leggerlo.

La canzone adatta da abbinare a questa storia è Arrendermi mai di Renato Zero.

Arrendermi mai… io non voglio arrendermi… non sarò mai un atomo senza volontà,
ritroverò qualcosa chiamato amore, il dolore, la pietà. Sono vivo, vedi? Sono qua!

Adelaide


Ada
Testi e disegni: Barbara Baldi

Oblomov Edizioni, 2018



David Murphy 911 - Make America Great Again #1

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La nuova miniserie, nell'America di Trump


A distanza di dieci anni dalla conclusione della prima stagione, una nuova miniserie inedita, Make America Great Again, targata Panini Comics, sancisce il ritorno in edicola e in fumetteria di David Murphy 911.


La variant cover di Marco Checchetto.

Il personaggio creato da Roberto Recchioni e Matteo Cremona aveva fatto il suo esordio nel novembre 2008 con una miniserie in quattro numeri in formato bonellide (in bianco e nero da 96 tavole). Questa nuova incarnazione riprende sia il formato che la struttura narrativa e visiva dei comic book statunitensi, con episodi di 20 tavole a colori.

I testi di Recchioni sono sintetici ed efficaci nel fornire un nuovo starting point ideale per nuovi lettori e al contempo suggerire alcuni dubbi per i lettori già affezionati al personaggio (ad esempio: cosa è successo al protagonista dopo la conclusione della stagione precedente?).
Vigile del fuoco, eroe, attrattore di calamità, il buon David ha un cognome che ricorda alcune famose leggi, che sembrano impresse nel suo tumultuoso destino.
Ora si ritrova al confine con gli Stati Uniti, in un contesto dove i confini sono sempre più marcati e resi volutamente tangibili, quasi fossero barricate invalicabili dietro le quali difendere le proprie vite da chiunque venga da fuori.


Il fascino della vita on the road e l'innata attitudine da eroe si scontrano dunque con problematiche di stringente attualità. A questo si aggiunge una ricerca indomita, il desiderio di ritrovare se stessi che sembra rispecchiare il desiderio di un'intera nazione che sembra aver perso la rotta (il riferimento alla condizione attuale degli Stati Uniti è abbastanza lampante). Il richiamo fumettistico è ad alcune saghe, guarda caso del comicdom statunitense, come le storie sceneggiate da Mark Waid in cui Capitan America andava alla ricerca di se stesso (e ciò, inevitabilmente, rievocava una crisi di valori della sua intera nazione).

Le tavole di Pierluigi Minotti (ben colorate con molte tinte piatte da Mattia Iacono) rendono ampiamente l'anima action della storia. Molto suggestiva la regia fissa che caratterizza la prima e l'ultima tavola, che evidenzia gli elementi in movimento (il protagonista in un caso, il camion nell'altro) con una resa decisamente cinematografica, che si contrappone a effetti come la doppia splash page delle tavole 2 - 3, soluzione molto fumettistica per rendere in maniera spettacolare il "riassunto delle puntate precedenti" (muto, e anche per questo molto d'impatto: chi conosce rievocherà, chi invece è a digiuno potrà immaginare mentalmente come il protagonista si è trovato - e come ha risolto - le varie situazioni mostrate).


È alquanto evidente come questa formula editoriale sia maggiormente congeniale all'impostazione action della storia, permettendo una narrazione ancora più incisiva e avvincente ma anche di sviluppare storie brevi sostanzialmente autoconclusive ma collegate tra loro.
Non ci resta che scoprire, mese dopo mese, come andrà avanti questa nuova miniserie in sei episodi che, dopo un primo numero concitato, ci incuriosisce non poco. E soprattutto, visto il titolo della miniserie e le tematiche affrontate, sarà molto interessante vedere David Murphy agire nell'America di Donald Trump.

Il sommo Audace



David Murphy 911 - Make America Great Again #1
Panini Comics, giugno 2019

Testi: Roberto Recchioni
Disegni: Pierluigi Minotti
Colori: Mattia Iacono
Copertina: Pierluigi Minotti (A), Jacopo Camagni (B), Marco Checchetto (variant)

Pigiama Computer Biscotti di Alberto Madrigal

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L'insostenibile difficoltà del diventare adulti


Non prendiamoci in giro: diventare adulti spaventa. Non solo per quello che si è soliti associare a questa tappa della vita (trovare un lavoro serio, metter su famiglia, fare i conti con i primi acciacchi): la paura più grande è dimenticare. Dimenticare la spensieratezza e la libertà dell’infanzia, la sensazione di poter diventare qualsiasi cosa a quindici anni, l’entusiasmo e la determinazione di provarci a venti. Dimenticare le tue passioni, chiudere a chiave quel noto cassetto stracolmo di sogni e aspirazioni, rinunciare ai tuoi interessi e a tutto quello ti rende felice. Dimenticarsi, cedendo alle responsabilità e ai problemi dell’età adulta. Come se arrivati a un certo punto tutta questa naïveté fosse inappropriata: basta, da oggi sei adulto.


Se poi sei un artista (dal Garzanti «persona che possiede particolari doti di sensibilità e di gusto»), magari Alberto Madrigal, diventare adulti si fa per definizione ancora più complicato. Che ne è della scintilla, dell’ispirazione, della creatività quando si è alle prese con un neonato, una casa e la necessità di una stabilità economica? La risposta è racchiusa in Pigiama Computer Biscotti (2019, BAO Publishing), il nuovo libro dell’autore spagnolo in libreria dal maggio scorso, che fa seguito a Un lavoro vero (2013, BAO Publishing), Va tutto bene (2015, BAO Publishing) e Berlino 2.0 (2017, scritto da Mathilde Ramadier, pubblicato in Francia da Futuropolis e in Italia da BAO Publishing).

Pigiama computer biscottipotrebbe essere intitolato anche Quella volta che ho finito per raccontare la mia vita mentre cercavo di scrivere un libro: forse non avrebbe lo stesso effetto ma è esattamente quello che è successo ad Alberto Madrigal. Un’intuizionenasce dentro di te, la insegui, inizi a darle una forma: i personaggi, l’intreccio, un finale tutto da scoprire… e poi… e poi tutto questo smette di parlarti. Il dramma. Come si risolve? Ti dici che l’intuizione tornerà, certo, è questo che succede agli artisti: peccato che l’artista in questione debba dividersi tra mille incombenze quotidiane, un lavoro da illustratore freelance e la paura di finire come quel personaggio (un fumettista che rinuncia alla sua più grande passione perché tocca diventare adulto anche a lui) raccontato da Bastien Vivès. Ed ecco che mentre cerchi di mettere insieme i pezzi - e ti chiedi se non sia il caso di smetterla con i fumetti - succede qualcosa di imprevisto: è la tua vita che inizia a parlarti. Le piccole cose di ogni giorno, i volti, gli episodi e i sentimenti che ne scandiscono e riempiono l’alternarsi, tutto quello che è all’apparenza ordinario si rivela all’improvviso materia di riflessione, scoperta e riscoperta. Come nel migliore dei libri.


Aprire Pigiama computer biscottiè un invito ad immergersi e a condividere alcuni dei momenti più importanti e significativi della «vita da adulto» di Alberto Madrigal: un diario in cui l’autore mette nero su bianco dilemmi esistenziali e crisi professionali raccontandoli con un tratto e uno stile caratterizzati da delicatezza, sensibilità e un pizzico di ironia. Madrigal ha il grande merito di trattare con equilibrio e semplicità temi molto complessi e spesso scomodi – la precarietà, la genitorialità, l’autorialità – dimostrando che è possibile vincere quella paura di dimenticare e dimenticarsi di cui sopra: non è naïveté, è «un’ancora», a cui aggrapparsi per non dimenticare mai chi sei davvero, «qualunque altra cosa ti succeda».


Nota a margine: la prima tiratura di Pigiama computer biscotti contiene sedici pagine speciali che presentano il dietro le quinte della sua creazione, una mappa dei luoghi di Berlino in cui prendono forma i libri di Madrigal e i commenti dell’autore.Una scelta che arricchisce di senso la genesi e il cuore di questo imperdibile volume.

Angela Convertini




Pigiama Computer Biscotti
Bao Publishing, 2019

Testi e disegni: Alberto Madrigal

Ti chiamo domani

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L'esordio da autrice completa di Rita Petruccioli

Chiara, 22 anni, in erasmus a Tolosa, esperienza che stuzzica la voglia di grandi progetti e prospettive di vite apparentemente già definite. Una vita davanti insomma, fatta di esperienze, poster di film famosi, camere condivise, serate con gli amici e desideri. Tutti gli ingredienti per un romanzo dedicato ad un pubblico giovane, come quello protagonista del fumetto, con vite fatte di amori, delusioni, ripartenze. È stato sorprendente però scoprire che Ti chiamo domani, prima graphic novel scritta e disegnata completamente dall’amata Rita Petruccioli per Bao Publishing, fosse anche qualcosa di più.
Perché la storia post-adolescenziale è raccontata anche bene, ma per chi ha superato da un po’ quella fase può risultare presto stucchevole e poco coinvolgente. E qui invece entrano in gioco momenti decisamente più forti, introspettivi, profondi, che si prestano a letture a più livelli di interpretazione, senza andare mai troppo nel filosofico ma risultando comunque più mature.


Snodo particolare della storia riguarda un episodio della vita sentimentale della protagonista che si ritrova a subire la vita senza avere il tempo di capire se assecondarla o opporle resistenza. Chiara subisce questo evento drammatico che però, nella storia, non viene mai esplicitato come tale, se non nelle parole non dette della protagonista. È il lettore quindi a dover interpretare la cosa, a dargli peso, a doversi sintonizzare empaticamente con Chiara, a dover leggere tra le righe. L’autrice racconta di quanto spesso, chi legge questa scena, non la percepisca come violenta e che questo sia fortemente indicativo della condizione sociale in cui viviamo, della difficoltà di interpretazione del concetto di consenso, abuso e violenza anche se perpetrata all’interno di una relazione consensuale, nella propria camera, tra le mura di casa.


Se vogliamo, è un libro che racconta di un percorso di emancipazione, di presa di coscienza e desiderio di scelta. Un omaggio/contributo ai tanti sforzi per l’emancipazione e la libertà delle donne di non essere considerate inferiori agli uomini, la libertà di scegliere anche di dire di no. E poi comprendere i momenti di cambiamento, viverli, prenderne consapevolezza guardandosi con gli occhi di un altro, in un momento casuale di confronto, di apertura, che abbatte le fortezze/prigioni interiori.

Rita Petruccioli nasce come illustratrice, le sue “pupazze” hanno impreziosito numerose storie dedicate al mondo dell’infanzia fino al suo esordio nel fumetto con la graphic novel Frantumi scritta da Giovanni Masi. Il suo tratto si presta naturalmente ad una narrazione pulita ma non per questo statica e priva di dinamismo. Il colore assume un ruolo fondamentale nonostante la palette circoscritta che caratterizza il lavoro dell’autrice e racconta l’emotività dei momenti narrati con estrema efficacia e attenzione. In molti casi si potrebbe aprire una pagina qualunque del libro e capire in un attimo se l’istante narrato è drammatico, felice, tranquillo. In modo magistrale anche la privazione del colore “riempie di vuoto” un momento fortemente significativo della storia, suggerendo appunto il senso di perdita, la sordità del dramma.


La narrazione figurativa si affida a griglie abbastanza lineari ma non statiche, pesando attentamente gli interventi moderatamente eccentrici. La lettura scorre senza grossi intoppi, per quanto alcuni passaggi iniziali avrebbero potuto fare a meno di qualche battuta da impiegare invece nella seconda parte del racconto. Elemento tuttavia trascurabile in un’opera prima il cui fulcro forse non arriva con immediatezza ma che ha sicuramente qualcosa di importante da raccontare.
Un bell’esordio da autrice completa per la Petruccioli che fa ben sperare in evoluzioni future.

il Fosco



Ti chiamo domani
di Rita Petruccioli
BAO Publishing | 2019
Cartonato 17x23cm
144 pg Colori
Acquista




Audaci nel mondo 2019

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Con l'arrivo dell'estate, ogni audace che si rispetti porta con sé in viaggio il suo bel carico di fumetti (con eventuale inclusione di pile di arretrati da smaltire).
È dunque un momento propizio per dare il via alla quarta edizione di Audaci nel mondo.
In palio premi speciali in fumetti.


Come già per le passate edizioni, le regole dell'iniziativa sono alquanto semplici: fare delle foto in giro per il mondo (o magari anche solo sotto casa, basta un bel panorama!) con un fumetto in primo piano e uno scenario/paesaggio/monumento sullo sfondo.
Un modo per condividere le vostre letture estive e, per noi, un'affermazione del fumetto come lettura e come oggetto materiale fatto di pagine, nuvole, pensieri e passione, fisicamente sfogliabile e collezionabile.

A seguire trovate il regolamento completo.


Regolamento - Audaci nel mondo 2019

Per partecipare, basta seguire i seguenti passaggi:


Ricorda: utilizza l'hashtag #AudaciNelMondo2019.
Inoltre, è possibile inviare la foto via mail al seguente indirizzo: audaci@hotmail.it (oggetto: "Audaci nel mondo 2019").

Le foto più belle, pervenute entro la mezzanotte del 2 settembre 2019 saranno pubblicate sul nostro blog.
In palio tre premi speciali (in fumetti!), assegnati alle foto più belle in assoluto, per insindacabile giudizio audace.


Napoleone - Le ali di Allegra (Le Storie #81)

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Il primo numero di una trilogia inedita tra noir, sogno e realtà


Ultimamente la collana Le Storie Bonelli ha riservato ai lettori diverse piacevoli sorprese. In questo 2019, dopo la bella trilogia storica scritta e disegnata da Gigi Simeoni e il ritorno dei protagonisti di Tropical Blues in una storia doppia che mescolava sapori esotici e gusto dell'avventura, ha riportato in edicola un personaggio che - senza troppi giri di parole - ci era mancato davvero molto: Napoleone Di Carlo, l'albergatore entomologo ideato da Carlo Ambrosini.


"La straordinaria creatura consegnata alle stampe da Carlo Ambrosini nel 1997 ha seguito molti di voi per ben dieci anni, istituendo un legame di affetto, curiosità ed emozione che - immaginiamo - è stato doloroso spezzare... E che noi siamo lieti di poter ricucire."
Con queste parole, nella solita introduzione dal carattere esaustivo e colto, Gianmaria Contro suggella l'atteso ritorno di questo personaggio molto amato (e del suo raffinato contesto narrativo). Napoleone è stato protagonista di storie dal taglio noir con frequenti citazioni letterarie e indimenticabili inserti di elementi fantastici: quella "seducente selva onirica" fatta di creazioni dell'immaginario, i prodotti della mente umana, figure nate nell'inconscio, nel sogno, nella fantasia, che si riuniscono in un luogo "al di là degli stagni, delle valli, delle montagne, dei boschi, delle nubi, dei mari...".
È forse quest'ultima una delle creazioni più riuscite di Ambrosini per la serie (e non solo: probabilmente del suo intero percorso autoriale) la materializzazione di queste figure permette all'autore di realizzare delle fughe metafisiche e oniriche e al tempo stesso di approfondire la psicologia dei vari personaggi del "mondo reale": Napoleone e la giovane Allegra utilizzano tali "visioni" per scavare a fondo nei meandri del loro inconscio.


Le ali di Allegra, primo episodio di questa nuova trilogia di storie inedite di Napoleone, riprende il racconto delle avventure dell'investigatore entomologo sostanzialmente da dove si era interrotto circa tredici anni fa. Contestualmente, fanno il loro ritorno comprimari come la giovane Allegra, Boulet, l'Ispettore Dumas e il Cardinale (l'arcinemico del protagonista).
Al solito molto delicato e riuscito è il modo in cui Ambrosini tratta il tema della crescita, della vita che va avanti, del passare del tempo e delle evoluzioni nelle esistenze dei protagonisti, da lui trattati con un'impronta realistica che riesce a non far stridere con l'approccio onirico/metafisico ma anzi ne risalta le peculiarità.
In particolare risultano molto interessanti e credibili le evoluzioni del rapporto tra Napoleone e Allegra, che rievocano da vicino le dinamiche padre-figlia pur non essendoci propriamente una parentela di sangue. Questo e altri dettagli (come l'inizio nel mondo metafisico "al di là degli stagni, delle valli, delle montagne, dei boschi, delle nubi, dei mari...") contribuiscono inevitabilmente a generare nel lettore che già seguiva la serie quel misto tra nostalgia e immenso piacere nel ritrovare atmosfere e personaggi che mancavano da tempo. Il neofita, probabilmente, dopo un breve momento di spaesamento, può ugualmente godersi un contesto narrativo ben equilibrato e caratterizzato.
Deliziose poi le citazioni metafumettistiche a Winsor McCay e al suo Little Nemo in Slumberland (in questi mesi tornato sulle pagine del Linus diretto da Igort).


Al tavolo da disegno Ambrosini ha sfornato una splendida copertina ma anche tavole molto suggestive, confermando le sue ottime doti nello storytelling e il suo approccio molto "artistico", da amante della pittura e dell'arte in generale (come dimostrato nell'altra sua creazione bonelliana, Jan Dix). Come già in diverse sue prove recenti, va altresì aggiunta una certa tendenza dell'autore alla discontinuità, con una resa a tratti altalenante nella visualizzazione dei volti e nella congruenza e riconoscibilità dei personaggi. Resta impressa comunque la bellezza ammaliante di molte tavole, che in generale prevale sul resto.

Alcune annotazioni editoriali. Lascia un po' straniti leggere nell'ultima tavola la firma di Carlo Ambrosini accanto all'anno 2016, suggerendo quindi l'idea che questa storia fosse pronta già da 3 anni (non pochi, considerando anche le attuali tempistiche di realizzazione e pubblicazione delle serie e miniserie inedite della casa editrice meneghina, tempistiche che si sono molto ristrette rispetto al passato).
È plausibile che queste storie siano state pensate per una pubblicazione a sé stante come miniserie. Ne è una riprova il dato che, per la prima volta dall'esordio della collana Le Storie, il copertinista dell'albo non è Aldo Di Gennaro bensì lo stesso Ambrosini (già autore, come noto a molti, di tutte le copertine della serie dedicata a Napoleone).


Riguardo il prezzo, sebbene sia rimasto invariato a differenza di tutte le altre pubblicazioni Bonelli (che hanno subito un aumento a partire proprio da giugno), la foliazione si è ridotta da 114 pagine a 98 pagine e, stando a quanto comunicato da Gianmaria Contro nell'articolo introduttivo, il ritorno alle 114 pagine dopo la fine della trilogia di Napoleone coinciderà con l'aumento di prezzo.
Prima però potremo goderci, nel prossimo albo pubblicato il 13 luglio, il ritorno della premiata coppia formata da Carlo Ambrosini e Paolo Bacilieri.

Il sommo Audace




“Napoleone 1 - Le ali di Allegra” 
SERIE: Le Storie
NUMERO: 81
DATA: giugno 2019
SERGIO BONELLI EDITORE

SOGGETTO, SCENEGGIATURA, DISEGNI, COPERTINA: Carlo Ambrosini



Per le immagini: © 2019 Sergio Bonelli Editore.

BLACK [MON]DAY: il [buco nero del] complottismo finanziario.

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Quel [gran] satanasso d’un Hickman che [forse non rivedremo più]


Frammento # 01

Avvertenza per il lettore.
Quanto riportato nelle parentesi quadre è il frutto di ricostruzioni successive del testo. Restano in alcuni casi problemi interpretativi che potrebbero non trovare soluzione.

Premessa [giustificativa]

[Il dimenticare] è un’arte dimenticata. “Mettere nel dimenticatoio” un’espressione obsoleta, il greco antico [una lingua] morta.
[…]
Abbiamo supporti tecnologici che rendono la memoria umana superflua; memorie per i numeri di telefono, nuvole virtuali per conservare milioni di dati, informazioni, ricordi; giornate della memoria, una gestione ricorsiva del ricordo di questo, quello e “quant’altro” (usato sempre a sproposito). Compleanni, ricorrenze, date, immagini, tutto catalogato sul social network.

Una [tua] foto che ritrae un bambino che mangia lo yogurt mentre è seduto sul vasino, postata per goliardia sul social del momento, resta per tutta la vita ed oltre in un indefinito presente. [Non si smette mai di essere bambini] soprattutto se quel bambino sei tu.

Sul piano del contenuto, tutte queste appendici virtuali di memorie ricorsive e dunque eterne sono però equiparabili alle [ziaredd o ziarell*] con cui accompagnare di domenica mattina l’aperitivo del meriggio. Inutile minuteria che resta lì ad occupare spazio, a fare da ingombro, a dare fastidio, ad incrostare la nostra esistenza limitata nel tempo.

Dimenticare: [impossibile]

Di contro [c’è anche dell’altro] artefatti, opere dimenticate, perdute, ancorate agli abissi della dimenticanza che si impongono per la loro bellezza, in tutta la loro fragilità, frammentarietà, precaria esistenza.

[…] ai primi lirici greci. Archiloco che brinda per la morte di Mirsilo, che [sempre Archiloco] abbandona il suo scudo durante la battaglia per salvare la vita.

Al culmine di questa mia personale ed inconcludente Balaklava (ma ne parleremo anche dopo compiutamente), mi son trovato non al cospetto del mio nemico («Là c'è il vostro nemico. Là ci sono i vostri cannoni, signore») bensì dinanzi ad un arduo dilemma amletico: dimenticare o [andare in bicicletta la mattina presto o] scrivere un’altra audace recensione di notte a babbo morto?

Dimenticare si deve [per fare un passo avanti].

Rilasciare un testo fragile, precario, incompleto per definizione è un atto d’amore verso la comunità di coloro che vorranno leggerlo. Solo questo. Nessun altro prodigio.[…][solo] il fallimento che incombe alle porte [e che] “è più facile cercare di capirlo un po’ più tardi, quando si è già capito che tutto quanto di era capito fino a quel momento non era vero”. Lo dice Douglas Adams ed io gli credo.

[Abbiate pietà,] il mondo in cui vivo è fuori squadro e sto facendo di tutto per rimetterlo in sesto! O almeno così ricorda d’aver sentito Orazio da un tale suo amico di nome Amleto (sempre lui). O forse era Satana?


Frammento #02
[Tutto inizia con un’idea. Tutto inizia con un’immagine. E quando ce l’hai... costruisci.]

Cominciamo, come prassi, dalle intenzioni.

È mia tetragona volontà parlarvi della serie originariamente pubblicata da Image Comics (2016) ed intitolata The Black Monday Murders, scritta da Jonathan Hickman per i disegni di Tomm Coker. In particolare costruirò la mia personale riflessione dopo l’attenta lettura dei due volumi dell’edizione italiana per i tipi della Mondadori nella collana Oscar Ink.

[Se potessi mangiare un’idea, avrei fatto la mia rivoluzione.]

Porrò l’attenzione sulla relazione istintiva e figurativa esistente tra la trama imbastita da Jonathan Hickman, le teorie dei complotti, no vax, scie chimiche e terrapiattismo, passando con nonchalance dal pentastellato senatore Lannutti all’Umberto Eco de Il pendolo di Foucault con un tocco di Leibniz ed una spruzzata di Architetti dell’Universo. S.H.I.E.L.D. sempre di Hickman in coppia questa volta con Dustin Weaver.

A seguire similitudini con la carica della brigata leggera nella Battaglia di Balaklava: un Hickman che forse non rivedremo più.


Frammento #03
Complotti & teorie mentula canis


Se la memoria non mi inganna, possiamo cominciare con il diavolo: Christian Charles Philip Bale. In occasione della sua premiazione per il film Vice agli scorsi Golden Globe, l’attore ha ringraziato Satana per averlo ispirato nell’interpretazione del ruolo di Dick Cheney (il vice del titolo). Voleva essere una battuta ma si sa il diavolo “is the new black” in quest’epoca convulsa di fake news e cospirazioni planetarie. 
Viviamo la stagione delle paranoie grandi quanto interi caseggiati della periferia urbana di una metropoli incolore. Convinzioni a tema persecutorio, più altri rilievi di contenuto complottista vecchio stampo sempre di moda nonostante le prove che ne smentiscono la veridicità.

Un esempio?

“Il Gruppo dei Savi di Sion e Mayer Amschel Rothschild, l'abile fondatore della famosa dinastia che ancora oggi controlla il Sistema Bancario Internazionale, portò alla creazione di un manifesto: "I Protocolli dei Savi di Sion". ”
Il cinguettio è del senatore della Repubblica Italiana Elio Lannutti.
Giusto per rimanere in tema, forse il senatore dovrebbe leggere Il complotto. La storia segreta dei Protocolli dei Savi di Sion”di Will Eisnerqui). Non dico altro, per decenza.

Rebus sic stantibus, tutto quanto detto poc’anzi ci consente di rilevare alcuni topoi cui il saggio Hickman attinge per la trama di Black Monday.

Alla ciclica crisi dell’economia capitalista segue, quale effetto sociale, l’emersione di temi cospirativi e complotti autoreplicanti sempre uguali a se stessi. Se su questo bello spezzatino ci mettiamo la salsa barbecue luciferina, abbiamo il piatto pronto in tavola servito dai cuochi Jonathan e Tomm.

Magari, all’inizio, partiamo con un'idea alla Harry Potter, scuole di magia et similia. 
Casate che si scontrano per il potere mondiale ed i loro signori protagonisti disturbati e disturbanti con poteri demoniaci.
A legare tutto troviamo uno sbirro (quello sbirro siamo noi) che testardamente cerca di unire i punti per arrivare ad una verità che solo Balaklava conosce.
Questo in sintesi e senza spoiler la trama/ricetta del fumetto in trattazione.

Si tratta di un classico thriller da cui, frullando storia, storia dell’economia e soprannaturale, emerge forte la narrazione di un mondo, nascosto nel fondo della terra, che esige il costante sacrificio di quelli che stanno sopra, noi, i poveri cristi che non possono partecipare al gioco crudele della finanza.


Ho trovato molto aderente all’oggetto di questa recensione la seguente definizione di Jacques Le Goff:
“… questo romanzo magico sulla magia, questo romanzo misterioso sul segreto e sulla creatività della finzione, questo romanzo tumultuoso, questo romanzo luminoso su un mondo sotterraneo…”.
Il romanzo di cui parla Le Goff è Il pendolo di Foucault di Umberto Eco. Trovo questa affermazione calzante anche per Black Monday perché vi intravedo diverse analogie e/o allusioni ed un paio di divergenze sul piano del contenuto e della struttura.
Alcune le abbiamo già viste più sopra. Veniamo alle altre.
In primo luogo troviamo in entrambe le opere diagrammi astratti e simboli. In apertura di ciascun capitolo di Black Monday fa la sua comparsa qualcosa di simile all’"Albero Sefirotico" simbolo e sintesi della Cabala ebraica.
Eco ed Hickman ci parlano di cospirazioni globali. Per lo scrittore americano risultano essere pretesti narrativi per diversificare il setup di partenza, la scontro tra le scuole di magia. Egli non prende posizione in merito. Non ci dice se è buono o brutto.
Eco, invece, nel creare di sana pianta una trama sovversiva ne fa poi una parodia, “decostruisce” le macchinazioni cospirative. Sono proprio i personaggi che evolvono da redattori scrupolosi e scettici ad ingenui creduloni. Emerge una critica pungente verso questo tipo di letteratura postmoderna. Un gioco sottile e non un semplice pretesto, appunto.
Per dirla meglio, Hickman cerca di spiegarci la ricorrenza dei tonfi della finanza mondiale adoperando questa messinscena cospirazionista di origine demoniaca. Umberto Eco rideva sotto i baffi. A noi, pensando anche a Lannutti, non resta che piangere.

Prima di Balaklava, spendo due parole anche su Tomm Coker
Un tratto realistico, quasi fotografico nelle pose dei personaggi. Personalmente non mi ha entusiasmato, non mi ha fatto sobbalzare sulla seggiola. Piacevoli i continui contrasti di colore ed il sangue che sprizza ovunque e che vuole venir fuori dalla tavole. Un disegno al servizio della storia. Ma con Hickman è così.



Balaklava
L’atto conclusivo di una recensione senza senso. L’esaltazione di un male inutile ed inconcludente.


Correva l’anno 1854, il posto prescelto era la Crimea. A darsi battaglia erano Inglesi, Francesi ed Ottomani da una parte ed i Russi dall’altra. Con i primi c’era anche un manipolo di soldati “italiani” del Regno di Sardegna. Un particolare inutile. La guerra è sempre per interesse.
La battaglia imperversava quel 25 ottobre a Balaklava. Il comandante britannico lord Raglan desiderava che la cavalleria avanzasse rapidamente, seguendo il nemico così da impedirgli di portare via i cannoni. Quali cannoni? Quelli sottratti dai Russi agli alleati Turchi. Lui li vedeva bene dalla sua postazione. “Eseguite subito” era la chiosa finale che non ammetteva dubbi. Lo zelante capitano Louis Edward Nolan si lanciò a cavallo lungo i sentieri scoscesi per consegnare gli ordini al marchese di Lucan, comandante della divisione di cavalleria. Sia Lucan che il marchese di Cardigan, a capo della Brigata Leggera, non avevano modo di vedere i cannoni cui faceva riferimento l’ordine. Alla richiesta di ulteriori chiarimenti, Nolan sbottò «There is your enemy. There are your guns, my Lord.» («Là c'è il vostro nemico. Là ci sono i vostri cannoni, signore»). Il povero sciocco puntava il dito verso il fondo della valle in cui erano raggruppati quattordici cannoni e la cavalleria russa, precedentemente respinta in altro frangente.
Cardigan condusse alla carica i suoi 600 cavalieri nella valle mentre i Russi li bersagliavano da tutti i lati con scariche di fucileria e cannonate. A ciò si aggiunsero anche le cariche della cavalleria russa man mano che gli inglesi si addentravano nella valle. Dopo aver lasciato sul campo 360 uomini (compreso il capitano Nolan) le posizioni tra i contendenti tornarono ad essere quelle mantenute prima dello scontro.

Cosa voglio dire?

Hickman è un po’ Lord Raglan, ha chiaro “lo grande disegno”. Impartisce l’ordine; è perentorio nell’esecuzione. Poi si trasforma, negli scoscesi saliscendi della storia, nel capitano Nolan e a noi, lettori nonché soldataglia a cavallo, sprezzante indica il cul-de-sac. Tutto il canagliume del mondo è il portato di presenze sotterranee demoniache. Ci hai frantumato, reso carne da cannone e poi? Tutto ritorna come prima? O qualcosa cambia. E quel cambiamento si paleserà prima o poi?

Dietro tutta questa fuffa cospirazionista, questa irrequietezza, frutto di notizie false e ben orchestrate, cosa si cela? Esiste un punto fermo? Cadremo nella ricorsività?

Scatole cinesi. Restiamo come tanti “birlicchini”*.

Certo non dobbiamo pensare (e non lo facciamo) che tutto ciò non abbia una conclusione più strutturata. Dovremo attendere, ma lo scrivente dubita seriamente che ciò avverrà nell’immediato. Ci attendono i cannoni dei Russi e stiamo andando alla carica. Quanto durerà?

Tutti a Balaklava!


Scrivo queste due ultime righe per menzionare Leibniz. L’ho lasciato appiedato tra i miei pensieri. Troverò il modo di fargli fare un giro sul mio trattore. 
Altre due parole sussurrate in merito all’edizione italiana. Le copertine soft touch fanno molto cool oggi giorno, solo che lasciarci le impronte sopra non è molto gradevole. Gusto personale. La mancanza poi di un apparato redazionale che possa aiutare, data la distanza di pubblicazione tra i due volumi, a rientrare nelle complesse trame della storia, è un altro mio piccolo dispiacere.

Scusatemi tutti, muoio qui. Punto.

Rick Tavoletta Fortin


* “Ziaredd” termine dialettale corrispondente all’italiano “inezia”, cosa di poco o nessun conto o di scarso valore.






Black Monday

Testi: Jonathan Hickman
Disegni: Tomm Coker

Mondadori, Oscar Ink

Anteprima: torna “Povero Pinocchio - Storia di un bambino di legno” (Star Comics)

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A vent'anni dal debutto, una nuova edizione della storia alternativa di Pinocchio realizzata da Bilotta e Mammucari


A vent'anni dalla pubblicazione originale torna Povero Pinocchio - Storia di un bambino di legno: il volume, storia alternativa del famoso burattino realizzata da Alessandro Bilotta ed Emiliano Mammucari, sarà in libreria a fine ottobre in una nuova edizione rimasterizzata e con contenuti extra, targata Edizioni Star Comics.

Comunicato stampa

FUMETTI: TORNA “POVERO PINOCCHIO”, LA STORIA ALTERNATIVA DEL BURATTINO

STAR COMICS RISTAMPA A OTTOBRE L’OPERA PRIMA DI BILOTTA E MAMMUCARI

A 20 anni dal debutto, uscirà una nuova edizione con nuove lavorazioni e contenuti extra

Grande iniziativa per il ventesimo anniversario di “Povero Pinocchio - Storia di un bambino di legno”, la sorprendente opera prima a fumetti con cui Alessandro Bilotta e Emiliano Mammucari esordivano insieme nel 1999. La casa editrice Star Comics ha deciso di celebrare questo anniversario con una nuova edizione, rimasterizzata e ricca di contenuti extra che ne raccontano la lavorazione. Da allora i due autori ne hanno fatta di strada (Bilotta è l’autore del pluripremiato “Mercurio Loi”, Mammucari il creatore della fortunata serie “Orfani”), ma “Povero Pinocchio” resta, per molti versi, il primo manifesto di una generazione che non ha voluto piegarsi a schemi e formule già pronte. Il nuovo volume sarà distribuito in due versioni – standard e deluxe, quest’ultima comprendente anche la sceneggiatura – con altrettante copertine inedite. Il lancio in anteprima è previsto in occasione della prossima edizione di Lucca Comics & Games, che si svolgerà dal 30 ottobre al 3 novembre.

Un disegno dipinto ad acquerello, una storia sottile e romantica che porta il lettore tra i pensieri di Pinocchio, mettendo in scena un personaggio che fa quello che i bambini in carne e ossa possono solo immaginare. E allora largo alla fantasia. "Povero Pinocchio - storia di un bambino di legno" non è solo il fumetto di Pinocchio, è il racconto di un'alternativa che il burattino più famoso del mondo non aveva considerato. E se fosse meglio non diventare mai di carne e ossa? Insomma non crescere mai. Il personaggio creato dalla penna di Carlo Collodi prende coscienza di sé. Tra le righe della fiaba che tutti conosciamo, sfugge al Gatto e alla Volpe, sopravvive all'impiccagione alla Grande Quercia, ma soprattutto cerca di sottrarsi al pericolo più grande: diventare quello che gli altri vogliono di noi.

“Abbiamo accolto con piacere la proposta di Bilotta e Mammucari di omaggiare il successo di ‘Povero Pinocchio’ a venti anni esatti dal suo debutto nelle fumetterie”, ha dichiarato Claudia Bovini, direttore editoriale di Star Comics. “Stiamo lavorando ad una nuova edizione rimasterizzata che valorizzi ancor di più la bellezza di quest’opera, aggiungendo alcuni contenuti extra inediti sulla lavorazione del volume. Siamo certi che questa iniziativa sarà gradita a chi si appassionò nel lontano 1999 alle vicende di questo originalissimo Pinocchio e anche a coloro che lo potranno scoprire ed amare per la prima volta”.

Perugia, 8 luglio 2019











Feltrinelli annuncia "...a casa nostra. Cronaca da Riace" di Rizzo e Bonaccorso

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Da settembre in libreria all'interno della collana Feltrinelli Comics

Feltrinelli Editore ha svelato oggi la copertina e il titolo della nuova graphic novel scritta da Marco Rizzo e disegnata da Lelio Bonaccorso, opera che rientra nella collana Feltrinelli Comics e prosegue il percorso tematico inaugurato da Salvezza, incentrato su immigrazione, accoglienza e integrazione, tematiche che negli ultimi mesi sono state spesso al centro di polemiche e strumentalizzazioni.
...a casa nostra - Cronaca da Riace sarà in libreria dal 12 settembre.


Comunicato stampa

...A CASA NOSTRA. CRONACA DA RIACE

Dopo Salvezza, il nuovo graphic novel di Marco Rizzo e Lelio Bonaccorso.
Dal 12 settembre in libreria.

--“Siamo sbarcati vicino Reggio Calabria. Ho visto donne incinte saltare per la fretta di scappare.
Dopo pochissimo tempo è arrivata la Polizia italiana... ma anche le ambulanze, i mediatori, i medici…da allora la Calabria è diventa casa mia”.

Hellblazer & Dylan Dog: crossover in arrivo?

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L'incontro tra i due personaggi rientrerebbe dell'annunciata collaborazione tra Bonelli e DC Comics


Durante l'ultima edizione di Lucca Comics & Games, Sergio Bonelli Editore e DC Comics (con RW Edizioni) hanno annunciato una partnership che porterà alla realizzazione di alcuni crossover a fumetti.
Finora, l'unico di questi incontri fumettistici ad essere stato annunciato è quello tra Flash e Zagor. Da allora, i fan si sono sbizzarriti a ipotizzare quali altri personaggi saranno protagonisti delle varie storie e quali autori le realizzeranno.
Oggi, con un post sui social, il curatore di Dylan DogRoberto Recchioni ha rivelato di essere al lavoro su una storia di Hellblazer, lasciando aperta la possibilità di un incontro tra John Constantine e l'Indagatore dell'incubo ideato da Tiziano Sclavi.

L'annuncio durante la conferenza Bonelli a Lucca.

Proprio ieri la DC Comics aveva annunciato il ritorno di Hellblazer con una nuova serie regolare autonoma, inserita all'interno del Sandman UniverseJohn Constantine, Hellblazer debutterà infatti negli States a novembre, dopo essere stata introdotta a fine ottobre da uno speciale one-shot dal titolo The Sandman Universe Presents: Hellblazer, scritto da Simon Spurrier e disegnato da Marcio Takara (a seguire, la serie regolare sarà scritta dallo stesso Spurrier e disegnata da Aaron Campbell).

Nel condividere questa news, lo sceneggiatore romano ha utilizzato le seguenti parole:

Torna John Constantine.
Il vero Constantine.
Nell'etichetta di Neil Gaiman che vai a capire perché (il personaggio è di Moore).
Sono entusiasta perché è uno dei miei personaggi preferiti di sempre e perché mi faceva strano che fossi l'unico che lo stesse scrivendo in questo periodo.
#rrobegiraglispoiler


Del resto, considerando il background e il contesto narrativo con forti analogie, la scelta dell'incontro tra i due personaggi risulterebbe del tutto naturale.
In attesa di conferme o smentite, possiamo iniziare a lavorare di immaginazione...

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